Nour, via dalla Siria I sogni? Pace e lavoro

La donna, scappata dalla guerra con il figlio Ayham, è trai rifugiati accolti a Roma da parrocchie e istituti. Vive a San Fedele. Il parroco: «La gioia più grande»

La donna, scappata dalla guerra con il figlio Ayham, è tra gli oltre 120 rifugiati accolti a Roma da parrocchie e istituti. Vive a San Fedele. Il parroco: «La gioia più grande»

Sono sempre di più gli uomini, le donne, i bambini che, in fuga da guerre, violenze, povertà assoluta, intolleranza religiosa, cercano asilo negli Stati dove sanno che regnano la pace e la libertà. Nour, siriana di 32 anni, è tra gli oltre 120 rifugiati accolti da parrocchie e istituti religiosi di Roma: è fuggita da Damasco con il figlio Ayham Al Nabulsi, pochi mesi dopo lo scoppio della guerra del 2011. Dopo aver trascorso alcuni mesi ospiti di una zia in Libano, sono arrivati in Italia l’8 giugno del 2013. «Compivo 8 anni proprio quel giorno», ricorda nel suo italiano perfetto Ayham, che significa “Uomo coraggioso”. Da novembre vivono presso la parrocchia di San Fedele Martire a Pietralata, una delle tante che ha accolto l’appello lanciato nel 2015 da Papa Francesco, che chiedeva a comunità parrocchiali, istituti religosi, monasteri di ospitare famiglie di profughi.

«Nour e Ayham sono la gioia più grande di questi miei dieci anni pastorali qui a San Fedele. Tutto ciò che ho fatto è niente rispetto a questo», commenta il parroco, don Fabrizio Biffi. Mamma e figlio sono molto emozionati: lunedì 19 giugno, vigilia della Giornata mondiale del rifugiato, incontreranno privatamente Papa Francesco nel complesso del Laterano, poco prima che inizi il Convegno diocesano. Ayham è felicissimo: «Da quando ho saputo che potevo incontrarlo, lo sogno tutte le notti e ho preparato per lui un cartellone con la scritta “Pace” in arabo e italiano con i colori dell’arcobaleno». Nour, in italiano “Luce”, è laureata in filosofia. A Damasco è stata docente prima nelle scuole elementari e poi alle superiori. Ha anche insegnato l’arabo in una scuola per stranieri. Ottava di nove figli, è stata l’unica della famiglia a decidere di fuggire. 

«Mi piacerebbe che mia mamma venisse in Italia – afferma la donna -. Mi racconta che a Damasco la vita è difficile, c’è molta povertà, non c’è sicurezza, ma è molto legata al nostro Paese e non vuole lasciarlo». Se finisse la guerra in Siria, Nour vorrebbe senz’altro tornare a casa. «In Italia stiamo bene – dice -. Siamo stati accolti con tanto affetto e generosità da don Fabrizio e da tutta la comunità. Non ci fanno mai mancare nulla, ci sentiamo davvero a casa, membri di una grande famiglia. Nonostante questo desidero tornare nel mio Paese per riabbracciare i miei genitori e i miei fratelli e sorelle che sono stata costretta a lasciare solo per colpa della guerra». Ha tante speranze e sogni nel cassetto, Nour: in primo luogo che torni la pace nel suo Paese, la serenità per il figlio e un lavoro. «Sto facendo alcuni stage negli alberghi – aggiunge -. Se avessi uno stipendio potrei affittare un appartamento e lasciare questo a chi ne ha bisogno. È difficile farsi riconoscere i diritti da rifugiato. Solo la Caritas ci ha aiutato e la tutor Fiorella ci segue costantemente».

Ayham ricorda bene Damasco della quale rimpiange «la libertà che c’era prima della guerra. Nel quartiere ci conoscevamo tutti e i bambini potevano giocare tranquillamente da soli per strada. In prima elementare andavo a scuola già da solo, non c’erano pericoli. Un po’ mi manca il mio quartiere con i suoi caratteristici vicoli stretti». Ora vorrebbe tornare in Siria per rivedere la nonna. «Parlo spesso con lei al telefono ma vorrei riabbracciarla». A Roma si è inserito bene, ha molti amici, deve frequentare la seconda media all’istituto “Alberto Manzi” al Pigneto. «Mi piace Roma – afferma -: la sua storia, i suoi monumenti e il fatto che è multiculturale». Ha imparato facilmente la lingua e ride ricordando la prima volta che ha sentito parlare l’italiano: «Eravamo in un ristorante. La gente intorno a noi parlava e a me sembrava di ascoltare una canzone. Ma non è stato difficile impararlo». Vorrebbe continuare a studiare, andare all’università e iscriversi alla facoltà di medicina. Il suo sogno? Diventare un chirurgo specialista dell’apparato respiratorio o del sistema nervoso.

19 giugno 2017