Zuppi: «Organizzare la speranza, per costruire la pace»

Il presidente Cei intervenuto alla Farnesina all’incontro su “L’amore politico”. Il richiamo a «guardare all’interesse generale», sapendo che «la Chiesa non è neutrale: sta dalla parte delle vittime». Tajani: i missionari, protagonisti della politica estera

C’è un sapere che è etimologicamente un “attribuire un nuovo sapore”, cioè un nuovo senso e significato, nella «sapienza della Chiesa e dei Papi del secolo scorso». Lo ha ricordato il cardinale Matteo Zuppi, intervenendo ieri sera, 11 dicembre, alla Farnesina all’incontro su “L’amore politico strumento di pace e democrazia”, organizzato al ministero degli Esteri, dall’Ente nazionale per il microcredito, introdotto dal presidente dell’Ente stesso Mario Baccini e moderato dal vaticanista Piero Schiavazzi. Il presidente dei vescovi ha evidenziato come «i cattolici hanno compreso che la guerra non è uno strumento come un altro» poiché «si tratta di un linguaggio del male che sfugge al controllo umano, come una palla di neve che rotolando diventa una valanga».

Ammonendo sul rischio «di tornare al tempo dei sonnambuli, che caddero nella trappola della grande guerra quasi senza accorgersene», ha sottolineato che «la pace anche se non è mai perfetta è sempre giusta» e per questo «bisogna moltiplicare le iniziative diplomatiche, trovare le convergenze e i compromessi, partendo dalle sofferenze, dalle vite spezzate. E la Chiesa non è neutrale: sta dalla parte delle vittime», ha detto con forza. In particolare Zuppi, riprendendo la nota espressione di Papa Francesco, ha guardato alla «cultura dello scarto, che interessa gli esclusi, i poveri, gli emarginati», osservando quanto e come «pesa sulla struttura sociale del Paese» perché non indebolisce «soltanto le istituzioni» ma può «provocare una rottura della coesione sociale, che è un bene decisivo per qualunque stato».

Da qui la conclusione per cui «amore politico significa in primo luogo guardare all’interesse generale, senza altro interesse, perché è amore, appunto», sono ancora le parole del cardinale, laddove nello specifico «la vera democrazia è mettere insieme pezzi diversi e saper distribuire tra chi è diseguale» per «fare unità e fare giustizia, che è il compito stesso della democrazia». Ancora, l’importanza della partecipazione, che è altro dal «parteggiare» e dal «fare il tifo», e il ruolo centrale del «dialogo continuo, l’aria senza cui la democrazia non respira e muore». Queste condizioni di apertura, scambio e continuo confronto condiviso, ha ragionato ancora Zuppi, sono le premesse necessarie per garantire la pace, laddove «pace e giustizia e democrazia vanno a braccetto», mentre oggi «in primo piano, con 59 conflitti attivi nel mondo, c’è la guerra più che la pace, che è scivolata via dai dibattiti internazionali» nei quali «la diplomazia viene messa da parte, considerandola inutile, come se il dialogo non fosse decisivo ma complementare» poiché, ha continuato il porporato, «si considera la pace un’idea da anime belle, tante volte accusate per la loro ingenuità, e i mediatori della società civile, così come i diplomatici, finiscono allora per essere considerati degli ingenui che non capiscono il mondo di oggi».

Per Zuppi, che ha guardato al modello di Giorgio La Pira, «sindaco santo che volle fare della sua città Firenze un luogo di dialogo e un crogiolo di convivenza mediterranea», e a Papa Giovanni Paolo II, che «fece poi lo stesso con Assisi, esercitando una forte leadership morale», è importante oggi «organizzare la speranza» perché è questo, ha concluso, «il senso dell’amore politico: non accontentarsi di curare gli effetti ma prevenire le cause, dando risposte, ripudiando la guerra e trovando gli strumenti per risolvere i conflitti con il dialogo, essendo anche una voce che denuncia e che, insieme, propone».

Il presidente della Cei, il primo a intervenire alla Farnesina – sebbene Zuppi abbia ricordato con emozione quando nel 1992, da sacerdote con la Comunità di Sant’Egidio, partecipò proprio alla Farnesina, ministro Emilio Colombo, alla firma degli accordi di pace del Mozambico -, era stato accolto dal ministro degli Esterni Antonio Tajani che nel suo saluto iniziale ha messo in luce come «la politica estera non la fanno solo il ministero e i diplomatici, ma tutti gli italiani che all’estero portano prodotti materiali e immateriali della nostra cultura e civiltà. E soprattutto quei portatori di pace che sono i missionari, religiosi e laici, con opere di misericordia».

In particolare, poi, guardando ai 20 anni di presenza nel nostro Paese della realtà del microcredito pubblico, inventato dal banchiere bengalese Muhammad Yunus, Nobel per la pace, e istituito alla Farnesina nel 2005, Tajani ha evidenziato che proprio «attraverso la cooperazione e lo sviluppo stiamo realizzando molti interventi di microcredito, specie nel continente africano» ma anche «nel difficile contesto dei territori palestinesi», poiché «anche questa è diplomazia della pace, dato che dove circolano le merci c’è crescita e benessere e non circolano le armi».

12 dicembre 2024