Zuppi: «Non smettiamo di implorare da Dio il dono della pace»
La Messa del presidente Cei a Santa Maria in Trastevere per l’Ucraina. Nell’assemblea, tra gli altri, la first lady Olena Zelenska. «Dopo mille giorni di guerra, la notte chiede il giorno, il dolore la consolazione, l’odio la riconciliazione»
È un forte invito a ricercare «una pace giusta e duratura», chiedendo «con insistenza la fine della guerra», quello che il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, ha rivolto ieri sera, 20 novembre, presiedendo la celebrazione promossa dall’ambasciata ucraina presso la Santa Sede all’indomani dei mille giorni dall’avvio del conflitto causato dall’invasione russa. Guardando al mosaico che sovrasta l’altare della basilica di Santa Maria in Trastevere e che rappresenta Gesù sul trono accanto a Maria sua madre, il porporato ha osservato come «il Signore non è muto ma parla attraverso un Vangelo di amore che libera i cuori dal male e il mondo intero dai frutti del male»; per questo, sono ancora le parole di Zuppi, «non smettiamo di implorare da Dio il dono della pace» affinché «non ci sia più il giorno della guerra e i popoli trasformino le armi in strumenti di pace».
Primariamente, ha sottolineato il cardinale, inviato speciale del Papa per la pace in Ucraina, «garantire la pace seriamente e in un quadro credibile» è «responsabilità della comunità internazionale e in questo penso in particolare all’Europa, che è nata proprio per immaginare la pace impensabile tra popoli che si erano combattuti per secoli. Comunità internazionale che non è solo di chi ha il potere e il dovere di decidere, ma di tutti, in quella pressione a creare condizioni nuove, forti, chiare, per trovare le soluzioni, giuste e nel diritto». Per Zuppi – che ha rassicurato sul sostegno e la vicinanza al popolo ucraino, rivolgendo ai tanti fedeli che indossavano coccarde dei colori giallo e azzurro del loro Paese e in particolare alla moglie del presidente Volodymyr Zelensky, seduta in prima fila, le parole «non vi lasciamo e non vi lasceremo soli» – «occorre fare molto di più e con più coraggio. Papa Francesco non smette di chiederlo».
Il pontefice, ha ricordato, «cerca di affrettare il giorno della pace favorendo il dialogo», laddove esso non è «arrendevolezza ma la via per ottenere ciò che altrimenti si misura solo con le armi». Da qui anche l’invito al «coraggio di fermarsi non per perdere ma per vincere con il negoziato» perché «la storia del popolo ucraino in questi decenni è stata attraversata da grandi sofferenze che ha affrontato con una enorme capacità di resistenza» ma «le guerre sono sempre troppo lunghe, non durano mai poco e la sofferenza che provocano dura per sempre». Allora, oggi, dopo mille giorni di conflitto e «di tempesta ma anche di una straordinaria e profondissima fraternità», quando «sappiamo che un giorno di guerra è già insopportabile – sono ancora le parole di Zuppi -, la notte chiede il giorno, il dolore la consolazione, la vendetta il perdono, il buio la luce, l’odio la riconciliazione».
In conclusione, il presidente della Cei ha evidenziato nella sua omelia quanto di buono è stato fatto in questi quasi 3 anni di conflitto, riconoscendo nei gesti di solidarietà «che hanno mobilitato tante parrocchie in tutta Italia tanta luce e tanto oro di amore», visibili ad esempio «nella gioia dei bambini accolti questa estate in tante famiglie italiane, negli incontri tra ragazzi ucraini e italiani che la Chiesa greco cattolica e l’Azione cattolica hanno organizzato in più occasioni, nell’accoglienza ai profughi che credo debba essere sempre promossa garantendo dei corridoi umanitari e di lavoro per permettere loro di sopravvivere avendo perduto tutto».
Prima della benedizione finale – al termine della celebrazione a cui hanno preso parte anche la figlia del presidente della Repubblica Laura Mattarella e le first lady di Lituania, Serbia e Armenia – ha portato il suo saluto e il suo ringraziamento la first lady ucraina Olena Zelenska, che ha riferito dei «cuori feriti» della nazione invasa per «le perdite quotidiane» e per l’«ansia nei confronti dei nostri cari», esprimendo anche i suoi desideri. «Il Paese – ha detto – vuole vedere tutti i suoi figli a casa e ambisce a una pace giusta a duratura».
21 novembre 2024