Zuppi: «No a populismi, sì a partecipazione»

Il cardinale presidente Cei in apertura della Settimana sociale di Trieste: «Il cattolicesimo italiano non si è chiuso in sacrestia, ha pensato e operato per il bene comune»

«Dal 1907 a oggi il cattolicesimo italiano non è rimasto a guardare, non si è chiuso in sacrestia, non si è fatto ridurre a un intimismo individualista o al culto del benessere individuale, ma ha sentito come propri i temi sociali, si è lasciato ferire da questi per progredire verso un ordine sociale e politico la cui anima sia la carità sociale. Ha pensato e operato non per sé ma per il bene comune del popolo italiano». Lo ha affermato ieri, 3 luglio, da Trieste il cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi,  introducendo il primo pomeriggio della 50ª Settimana sociale dei cattolici italiani, al Generali Convention Center di Trieste, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha ringraziato «per il suo servizio di custode e garante della democrazia e dei valori della nostra Repubblica e dell’Europa». E il bene comune, ha aggiunto, «è quello più prezioso proprio perché è l’unico di cui tutti hanno bisogno e che dona valore a quello personale. Questa è la bellezza della Chiesa cattolica, con i suoi limiti e miserie umane, ma che, come diceva De Lubac, “presenta un carattere eminentemente sociale, che non si potrebbe misconoscere senza falsarla”».

Rendendo omaggio a Trieste, «terra di confine, segnata dal dialogo interculturale, ecumenico e interreligioso, da tanta sapienza antica e recente; porta che unisce est e ovest, nord e sud, ma anche terra segnata da ferite profonde che non si sono del tutto rimarginate», il cardinale ha sottolineato con forza: «Non vogliamo che i confini siano muri o, peggio, trincee, ma cerniere e ponti! Lo vogliamo perché questo è il testamento di chi sulle frontiere ha perso la vita. Lo vogliamo per quanti, a prezzo di terribili sofferenze, si sono fatti migranti e chiedono di essere considerati quello che sono: persone! Il Vangelo – ha continuato – ci aiuta a capire che siamo fatti gli uni per gli altri, quindi gli uni con gli altri. La nostra casa comune richiede un cuore umano e spiritualmente universale».

Allo stesso tempo, ha evidenziato, «i cristiani prendono sul serio la patria, tanto che sono morti per essa, ma sanno anche che c’è sempre una patria in cielo e questo ci rende familiari di tutti e a casa ovunque. La Chiesa è madre di tutti», ha rimarcato il presidente della Cei, secondo il quale «leggere e qualificare le sue posizioni in un’ottica politica, deformando e immiserendo le sue scelte a convenienze o partigianerie, non fa comprendere la sua visione che avrà sempre e solo al centro la persona, senza aggettivi o limiti». E i cattolici in Italia «desiderano essere protagonisti nel costruire una democrazia inclusiva, dove nessuno sia scartato o venga lasciato indietro». Proprio per questo, « non vogliamo accontentarci di facili lamentele sulla crisi della democrazia e sulla scarsa partecipazione al voto. Ci impegniamo per risposte positive, consapevoli, condivise, possibili».

Centrale, per il presidente dei vescovi, il tema della partecipazione, «cuore della nostra Costituzione», antidoto al pericolo dei populismi «che, se non abbiamo memoria del passato, possono privarci della democrazia o indebolirla». Al contrario, la partecipazione «consente e richiede la fioritura umana dei singoli e della società, accresce il senso di appartenenza, educa ad avere un cuore che batte con gli altri, tra le differenze». E oggi, ha osservato, sulla scorta di Giovanni Paolo II, «è necessario un profondo rinnovamento sociale e politico». I laici cristiani dunque non possono sottrarsi alle loro responsabilità», perché «pace e sviluppo non sono beni conquistati una volta per tutte», ma richiedono un «amore politico», ha detto Zuppi prendendo a prestito le parole di Papa Francesco, che «deve assumere l’unità come un obiettivo da perseguire, da difendere e da far crescere. Non vogliamo accontentarci di facili lamentele sulla crisi della democrazia e sulla scarsa partecipazione al voto – sono ancora le parole del presidente Cei. Ci impegniamo per risposte positive, consapevoli, condivise, possibili».

Nessuno spazio, dunque, per apatia o rassegnazione. «La nostra democrazia – è la tesi di Zuppi – può e deve essere migliore e più inclusiva». Quindi, spazio all’analisi delle sfide di questa stagione storica, tra «passaggi difficili e crisi epocali». Su tutte, quella legata all’astensionismo e alla «disaffezione sempre più numerosa alla partecipazione democratica», ma anche quella della «vita scartata» o , ancora, l’accoglienza dei migranti, la transizione ecologica, la solitudine e infine la guerra, «che domina lo scenario internazionale e proietta le sue ombre su tutto questo».

Nelle parole del presidente dei vescovi, «la solidarietà è verso tutti, non guarda il passaporto perché tutti diventano il nostro prossimo e parte nel nostro futuro», il monito riguardo alla necessaria attenzione verso i poveri, gli anziani, i fragili, i disabili, «i giovani che sentono di non avere un futuro ma in realtà lo cercano, le donne vittime della violenza maschile, chi lavora in condizioni inaccettabili, la casa senza la quale non c’è integrazione e nemmeno famiglia e futuro». Inevitabile il riferimento all’attualità, con il caso del bracciante indiano morto dopo un incidente sul lavoro in cui aveva subito l’amputazione di un braccio, per mancanza di assistenza. «Satnam Singh sognava il futuro e lavorava per ottenerlo –  ha ricordato il cardinale -: è uno di noi. Sentiamo totalmente estraneo a noi il caporalato, la disumanità, lo sfruttamento delle braccia che dimenticano e umiliano la persona che offre le sue braccia».

Da Zuppi, quindi, un richiamo forte alla solidarietà, che «presidia e difende la vita di tutti, tutela il diritto a nascere come quello ad essere curati e accompagnati fino alla fine, difesi dal dolore e senza che nessuna logica o calcolo affretti la morte di nessuno. La solidarietà – ha affermato – è un motore invisibile ma indispensabile di tutta la vita collettiva. La sua mancanza indebolisce il tessuto sociale, ostacola la crescita economica, offende l’individuo e non ne sa valorizzare le capacità e, alla fine, svuota la democrazia». Democrazia che oggi «soffre perché le società sono sempre più polarizzate, attraversate cioè da tensioni sempre più aspre tra gruppi antagonisti, dominate dalla contrapposizione amico-nemico». Al contrario, non c’è democrazia «senza un noi», senza la difesa della dignità umana «dove è più pesantemente violata», perché democrazia «vuol dire contrasto alla cultura dello scarto, alle dipendenze, alle condizioni indegne nelle carceri, ai tanti feriti della malattia psichiatrica».

4 luglio 2024