Zuppi: il vescovo Bettazzi, «ultimo padre italiano del Concilio»

Il presidente Cei ricorda il presule morto all’alba del 16 luglio, per 17 anni presidente di Pax Christi, padre conciliare, promotore di pace e dialogo, esprimendo il cordoglio di tutta la Chiesa

Avrebbe compito 100 anni il prossimo 26 novembre il vescovo Luigi Bettazzi, morto ieri mattina, 16 luglio, prima dell’alba. Nato a Treviso, si era trasferito da giovane a Bologna, ricevendo qui l’ordinazione sacerdotale, il 4 agosto 1946. Il 10 agosto 1963 la nomina a vescovo ausiliare di Bologna; il 4 ottobre la consacrazione episcopale. Proprio da Bologna lo ricorda il cardinale Matteo Zuppi, presidente dei vescovi italiani. «In occasione dell’Assemblea generale della Cei, lo scorso maggio, abbiamo menzionato monsignor Bettazzi con quel senso di gratitudine che si deve ai padri, proprio come voleva essere chiamato – si legge in una nota diffusa dalla Conferenza dei vescovi -. Nel dialogo con Papa Francesco, presentando i nuovi vescovi e quelli emeriti, il pensiero è andato a lui in modo spontaneo, consci della sua saggezza e della sua paternità: ultimo padre italiano del Concilio».

Accanto al cardinale Giacomo Learco, di cui era ausiliare, prese parte a tre sessioni del Concilio Vaticano II, a cominciare dalla seconda, il 29 settembre 1963. Quindi la nomina a vescovo di Ivrea, di cui prese possesso il 15 gennaio 1967, rimanendo alla guida della diocesi per 33 anni. Parallelamente, cresceva il suo impegno per la causa della nonviolenza, fino a portarlo alla nomina a presidente di Pax Christi, nel 1968, incarico nel quale ricevette anche il premio internazionale dell’Unesco per l’educazione alla pace. Già assistente ecclesiastico di Fuci e Azione cattolica – vissute come «scuola di laicità» -, vicino ai lavoratori in diverse situazioni di crisi – dall’Olivetti alla Lancia, al cotonificio Vallesusa -, fedele alla sua ricerca del dialogo con tutti, nel 1976 iniziò uno scambio epistolare con l’allora segretario del Partito comunista italiano Enrico Berlinguer sul valore della laicità.

Nel 1978 insieme ai vescovi Celemente Riva e Alberto Ablondi chiese di potersi offrire prigioniero in cambio del presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse. Richiesta che venne respinta dalla Curia romana. Ancora, tra le sue battaglie, quella per l’obiezione fiscale alle spese militari e il sostegno all’obiezione di coscienza quando ancora si rischiava il carcere. Un impegno, il suo, che prendeva concretezza in tutti i modi possibili. Come nel 1992, quando nel pieno della guerra civile in Bosnia ed Erzegovina partecipò alla marcia pacifista organizzata a Sarajevo da “Beati costruttori di pace” e Pax Christi insieme a un altro protagonista dell’impegno per la pace, il vescovo Tonino Bello. Sei anni dopo, la rinuncia alla guida della diocesi di Ivrea per raggiunti limiti di età; quindi gli ultimi anni dedicati all’educazione alla nonviolenza e alla riflessione sul Concilio Vaticano II. Fino alla morte, ad Albano d’Ivrea, dove viveva da molti anni.

«Il cordoglio – sono ancora le parole del presidente Cei Zuppi – viene espresso da tutta la Chiesa in Italia. Personalmente, anche per due ragioni: in quanto presidente della Cei, ma anche come Arcivescovo di Bologna, sede di cui Bettazzi è stato vescovo ausiliare dal 1963 al 1966. Mentre affidiamo alla misericordia infinita del Padre la sua anima, rendiamo grazie per la sua testimonianza – si apprestava a celebrare il 77° anniversario di ordinazione sacerdotale e il 60° di episcopato- e per il suo impegno per il Concilio vissuto con libertà e amore per la Chiesa. Il sorriso, la gentilezza, la fermezza, l’ironia, la capacità di leggere la storia e di portare il messaggio di pace sono stati i suoi tratti essenziali – è l’omaggio del cardinale -. Quegli stessi tratti che ci lascia come eredità preziosa per camminare al fianco degli uomini e delle donne del nostro tempo». Insieme all’invito da lui stesso più volte rilanciato, specialmente nel suo incarico in Pax Christi: «Dovremmo arrivare a farci tutti la mentalità di pace, mentre abbiamo tutti la mentalità della violenza. Dovremmo arrivare a far crescere anche nel popolo cristiano, direi prima di tutti in quello, la mentalità vera della pace contro ogni forma di violenza, come ha fatto Gesù».

17 luglio 2023