Zuppi: «Chiunque è in pericolo va salvato e custodito»

Il presidente Cei ha presieduto la veglia in ricordo dei morti nel viaggio verso l’Europa, esortando a non mettere mai in discussione «l’umanissima e necessaria legge del mare». 65mila, dal 1990, le vittime dei “viaggi della speranza”; 24mila solo dal 2015 a oggi

La fiducia nella «cultura dell’incontro e della cura» che fiorisce ancora. Con tra le mani sollevate al cielo dei fiori colorati, i tanti presenti che hanno gremito ieri sera, 22 giugno, la basilica e la piazza di Santa Maria in Trastevere hanno ricevuto la benedizione del cardinale Matteo Zuppi, al termine della veglia ecumenica “Morire di speranza”, in ricordo dei morti nel viaggio verso l’Europa.

«Dimenticare è un doppio tradimento della vita, che chiede sempre, per tutti, di essere difesa, protetta e ricordata – ha detto il presidente della Conferenza episcopale italiana, presiedendo il momento di preghiera promosso dalla Comunità di Sant’Egidio in occasione della Giornata mondiale del rifugiato -. Chi muore di speranza ci chiede di cercare in fretta perché non accada lo stesso ad altri, per trovare risposte possibili, degne della storia e della grandezza del nostro continente e della nostra patria, che devono garantire i diritti che detengono». Serve allora agire mediante «un sistema di protezione e di accoglienza sicuro per tutti, un sistema legale, perché solo con la legalità si combatte l’illegalità», favorendo «flussi che siano corridoi umanitari e corridoi di lavoro, corridoi universitari, ricongiungimenti familiari che garantiscono futuro e stabilità, l’adozione di persone che cercano solo qualcuno che dia fiducia e un’opportunità», perché «non si può morire di speranza», sono ancora le parole di Zuppi.

Riprendendo il titolo di un’opera di Primo Levi, il cardinale ha poi evidenziato come «la celebrazione di oggi è per i salvati che non possono e non vogliono dimenticare i sommersi», perché «siamo tutti salvati dalla tempesta del male e dalle onde della guerra che quando si alza travolge ogni persona e, salvati, vogliamo salvare, perché nessuno sia sommerso, per restituire la grazia ricevuta e perché capiamo come la sicurezza, la pace e il benessere non sono perduti solo se li spendiamo per gli altri». Per Zuppi infatti non va mai ignorata, «e non dobbiamo mai accettare che sia messa in discussione in nessuna occasione, l’umanissima e necessaria legge del mare», ossia la «regola di umanità per cui chiunque è in pericolo sia salvato e custodito. È in pericolo, si salva». Da qui l’auspicio del porporato affinché «nel buio della notte e in mezzo al mare si accendano cuori che accolgono, che attendono, che orientano e che salvano» perché pur «parlando lingue diverse, tutti capiscono quella dell’amore». Si tratta cioè di riconoscere che così come «c’è la banalità del male», ha detto ancora il cardinale guardando all’opera più famosa della politologa Hannah Arendt, «c’è anche quella del bene e questa celebrazione ce la mostra in modo commovente».

Infine, il richiamo di Zuppi all’enciclica “Pacem in terris” di Giovanni XXIII, che scriveva che «ogni essere umano ha il diritto di immigrare in altre comunità politiche e di stabilirsi in esse, in qualità di membri della stessa natura umana» e la citazione del 109° messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato di Papa Francesco, che «ci affida la preoccupazione di garantire a tutti la libertà di scegliere se emigrare o restare», rispetto a cui «serve uno sforzo congiunto dei singoli Paesi della comunità internazionale», ha concluso Zuppi.

Dopo la meditazione del cardinale, il ricordo e la preghiera per quanti, via terra e via mare, hanno cercato di raggiungere l’Europa senza però riuscirci. Sono 65mila le persone morte dal 1990 – e ben 24mila solo dal 2015 ad oggi – nel mare Mediterraneo o nelle altre rotte. Mentre venivano scanditi nomi e numeri, giovani, adulti e bambini di diverse nazionalità hanno acceso delle candele bianche. Tra gli altri, hanno rivolto delle preghiere anche il vescovo ausiliare Riccardo Lamba, delegato per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore della Fondazione Migrantes, monsignor Marco Gnavi, segretario della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale del Lazio e responsabile dell’Ufficio della diocesi di Roma oltre che parroco di Santa Maria in Trastevere, e padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli. Presente anche il vescovo Daniele Libanori, ausiliare per il settore Centro.

Sono stati pure deposti due cesti di fiori colorati ai piedi dell’altare, in corrispondenza di due fotografie simboliche: una ritraeva un giovane in mare con gli occhi sbarrati pieni sia della disperazione per l’orrore lasciato alle proprie spalle, sia della speranza per la vista dei soccorritori; l’altra delle giovani donne dietro a un filo spinato.

23 giugno 2023