Zuppi: accogliere ed «essere costruttori di pace, senza gettare il seme della divisione»

Il presidente Cei a Roma per i 30 anni di fondazione di Casa Betania, a San Luigi di Montfort. Il ricordo del viaggio in Ucraina e l’invito a pregare per la salute del Papa. La testimonianza della «grandissima solidarietà» sperimentata in Emilia Romagna. «Volere bene è forza»

L’invito a «pregare sempre per la pace» e a «essere costruttori di pace» senza «gettare mai il seme della divisione» ha trovato spazio nella riflessione proposta dal cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, ieri sera, 7 giugno, in occasione del quinto e ultimo appuntamento del ciclo di incontri organizzato da “Casa Betania” per i 30 anni dalla fondazione della struttura di accoglienza. Accolto con calore nella gremita chiesa di San Luigi di Montfort, nel quartiere di Torrevecchia, il porporato ha infatti anche riferito del suo recente viaggio in Ucraina del 5 e 6 giugno per la missione di pace affidatagli dal Papa, pensando in particolare alla visita compiuta a Bucha, alle porte di Kiev, e osservando come «noi abbiamo dimenticato che cosa sono i bombardamenti o le torture di cui i nostri genitori ci hanno raccontato». Quindi l’esortazione a «spendere la pace che abbiamo per chi non ce l’ha». Ancora, Zuppi ha invitato a pregare «con riconoscenza e affetto» per la salute di Papa Francesco – che nel pomeriggio era stato sottoposto a un intervento chirurgico nel vicino Policlinico Gemelli -, «perché possa tornare presto al suo ministero». E proprio alle parole del pontefice contenute nell’enciclica “Fratelli tutti” il cardinale ha guardato per trattare il tema dell’accoglienza, oggetto del suo intervento.

«La gentilezza, di cui il Papa parla in due o tre paragrafi, è il primo modo di essere accoglienti – ha detto Zuppi – perché non è solo una questione di buona educazione o di un certo galateo demodé ma ha a che fare con la relazione», laddove per accogliere l’altro «non faccio prima la tac o chiedo il codice fiscale» ma, invece, «vado oltre una certa difesa preventiva» che spesso «ci porta ad ignorarci», mentre «un saluto o un gesto e una frase di interessamento cambiano la giornata di una persona». Perché, ha spiegato ancora il presidente della Cei, «l’accoglienza non è far riempire con dei dati una scheda e poi valutare cosa potremo fare per quelle persone». E ha ricordato, citando il Vangelo, che «come cristiani, ma anche come onesti cittadini, ci riconosceranno da come amiamo, non da come ignoriamo». Dunque Zuppi ha riflettuto su quanto «è importante fermarci a pensare a come stiamo vivendo» e si è chiesto se ci sia «in giro quell’attenzione al bene comune che è il contrario della logica del più forte, di chi arriva primo e quindi dell’individualismo, che è quello che la pandemia ha rivelato come inutile».

Considerando poi un altro fatto di cronaca ma più recente, ossia le alluvioni che hanno colpito nelle scorse settimane l’Emilia Romagna, Zuppi, che è arcivescovo di Bologna, ha evidenziato «la grandissima solidarietà che in tanti hanno dimostrato» e come anche in questa occasione, come era stato durante la pandemia, «ci riscopriamo tutti sulla stessa barca», a dire che «soltanto insieme si esce dai problemi che ci troviamo a vivere, specie se sono accompagnati dalla vicinanza, dalla solidarietà, dall’amore e, appunto, dalla gentilezza». Per il cardinale, inoltre, «se ci abituiamo a vivere da soli, non accogliendoci tra noi, siamo più deboli» perché «è l’accoglienza che ci porta verso il futuro», quindi «se manca, manca l’idea di futuro». Ancora, Zuppi ha considerato come «c’è uno stretto legame tra l’accoglienza che viviamo tra noi e quella che riserviamo allo straniero», sottolineando che «spesso pensando agli stranieri ragioniamo secondo della categorie superate, senza considerare che le cose sono cambiate» per cui, per esempio, «in Emilia Romagna manca la manodopera» e quindi la risorsa degli immigrati impiegati in certe attività è fondamentale; o, ancora, «c’è un corridoio dall’India per gli infermieri» di cui c’è necessità negli ospedali italiani.

Accogliere e «volere bene è forza – sono ancora le parole di Zuppi -, una forza più forte della diffidenza e della maleducazione», così come un punto di forza nell’accogliere chi viene da un altro Paese è riconoscere la sua «dignità del lavoro». Infine, il cardinale ha trattato dell’accoglienza «di tutta la vita, dall’inizio alla fine», sottolineandone in particolare «la sacralità», che è lontana da «un’idea di vita illimitata». Per Zuppi si tratta di «rendere bella la vita anche quando sembra che non ce ne sia più».

8 giugno 2023