Amnesty International Italia, Oxfam Italia, Save The Children Italia, Medici senza frontiere e Rete italiana per il disarmo. Queste le realtà della società civile italiana che ieri, 16 ottobre, sono state ricevute in audizione davanti alla Commissione esteri della Camera dei deputati. Sul tavolo, il caso Yemen. In rappresentanza di una più ampia Coalizione che comprende anche Movimento dei Focolari, Rete della Pace e Fondazione Finanza Etica, gli esponenti delle organizzazioni della società civile hanno rivolto ai deputati il loro appello: «Basta bombe, fermiamo il conflitto e la crisi umanitaria in Yemen». Quindi hanno illustrato le condizioni umanitarie della popolazione yemenita e i dettagli del coinvolgimento di forniture militari italiane.

Già in passato erano state sottoposte al Parlamento mozioni con la richiesta di fermare le forniture armate alle parti in conflitto in Yemen ma sono state rigettate. Ad aprile 2018 è stata presentata presso la magistratura competente, in collaborazione con ong yemenite e tedesche, una denuncia di violazione della legislazione nazionale e internazionale che regola l’export di sistemi militari. In considerazione dell’ulteriore aggravamento della situazione, come sottolineato anche dall’ultimo report redatto dagli esperti Onu solo poche settimane fa, la Coalizione della società civile italiana che si occupa del caso Yemen ha deciso di riprendere le proprie attività collettive.

La Coalizione, informano i rappresentanti, «ha cercato anche una interlocuzione con il governo presieduto da Giuseppe Conte, non ricevendo risposta nemmeno a tentativi di contatto formale e diretto. Eppure una delle due forze di maggioranza, il Movimento Cinque Stelle, ha già avanzato anche in questa legislatura alcune proposte di riforma della legge 185/90 che regola l’export militare e nella scorsa legislatura (un anno fa) ha presentato e votato una Mozione ispirata al testo proposto da ong e Reti della società civile, nel quale si sottolineava anche la responsabilità italiana nel conflitto in virtù delle forniture di armamenti ad alcune delle parti coinvolte (in particolare all’Arabia Saudita e agli Emirati arabi uniti)».

17 ottobre 201