Nuovo campanello d’allarme dall’Unicef sulla situazione nello Yemen. A partire dalle recenti limitazioni imposte alle importazioni di carburante verso lo Yemen, che «hanno provocato nel Paese una carenza di beni fondamentali e un aumento dei prezzi, con una forte ricaduta sull’accesso all’acqua sicura e altri servizi vitali per i bambini, come l’assistenza sanitaria e i servizi igienici. Questi tagli – dichiarano dall’organizzazione delle Nazioni Unite – rappresentano l’ultima sfida da affrontare per contenere l’epidemia di diarrea acquosa acuta e di colera in Yemen».

Oltre 250mila i bambini al di sotto dei 5 anni già colpiti; oltre 385mila quelli che soffrono di malnutrizione acuta grave e stanno combattendo per rimanere in vita. «Lo scarso accesso all’acqua pulita è anche una delle cause principali della malnutrizione», ricorda l’Unicef, che sta garantendo circa 450mila litri di carburante ogni mese per consentire alle stazioni per il pompaggio dell’acqua di continuare a funzionare a Sana’a, Hodeida, Hajja e in altre città nel Paese. Intanto, un aereo dell’agenzia delle Nazioni Unite è atterrato oggi a Sana’a portando circa 6 milioni di dosi di vaccini per proteggere milioni di bambini a rischio di malattie prevenibili e per contrastare un’epidemia di difterite in corso, che sembra abbia colpito oltre 300 persone e causato la morte di 35. Maggiormente colpiti i bambini. Dall’Unicef arriva dunque un nuovo invito a tutte le parti in conflitto a «permettere un accesso umanitario senza ostacoli in tutto il territorio, i porti e gli aeroporti dello Yemen e ad agevolare la distribuzione di assistenza salvavita per i bambini nel Paese».

Racconta di un territorio «a un passo dalla carestia, con una popolazione che sembra condannata a morire di fame per il blocco dei principali porti a nord, che impedisce l’ingresso di cibo, carburante e medicine», il rapporto “La crisi in Yemen: 1000 giorni di disastri“, pubblicato da Oxfam. Una fotografia sulla catastrofe umanitaria del Paese, nel quale oltre l’80% della popolazione per sopravvivere dipende dall’importazione di derrate alimentari. In più, da quando la coalizione a guida saudita ha imposto il blocco, solo un terzo del cibo necessario raggiunge gente ridotta allo stremo: più di 7 milioni di persone non fanno un pasto decente da mesi. Anche perché i prezzi dei beni alimentari sono aumentati del 28% da inizio novembre, impedendo definitivamente l’accesso al cibo alle fasce più povere della popolazione. Per la mancanza di carburante, inoltre, si vanno esaurendo le scorte di acqua potabile.

I bambini non sanno se potranno proseguire gli studi, con 1.600 scuole distrutte e adibite a rifugio per le famiglie sfollate o usate dalle parti in conflitto. Anche i matrimoni precoci sono aumentati dall’inizio della guerra: tra il 2016 e il 2017 è salita dal 52% al 66% la percentuale di ragazze al di sotto dei 18 (anche di 8 – 10) costrette a sposarsi per ridurre il numero di familiari a carico o avere una fonte di reddito per nutrire il resto della famiglia e pagare i debiti. «Lavoriamo in Yemen da oltre 30 anni – afferma Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – ma questa è certamente la peggiore crisi mai affrontata nel Paese». Fondamentale porre fine al blocco. Intanto Oxfam invita a fare una donazione per Natale e lancia un appello ai capi di Stato e di governo e al Consiglio di sicurezza dell’Onu per arrivare alla pace il prima possibile, da sostenere sui social usando l’hashtag #withYemen.

21 dicembre 2017