X Junior Tim Cup: anche quest’anno, in campo contro il razzismo
Presentato nella parrocchia di Bravetta il torneo giovanile. Chesti (Roma): «Essenziale la voglia di scoprire l’altro». Bertini (Lazio): «Una ricchezza incontrare persone diverse»
Dare un calcio al razzismo e abbracciare i valori dello sport, il gioco, il divertimento e la condivisione, sognando in grande. È lo spirito della Junior Tim Cup, il torneo giovanile di calcio a 7 riservato a giovani under 14, giunto alla sua decima edizione, promosso da Lega Serie A, Tim e Centro sportivo italiano, che per il secondo anno consecutivo ha come tema “Keep Racism Out”. Il calcio oratoriale protagonista dell’iniziativa, dunque, presentata ieri, 23 marzo, nella parrocchia del Santissimo Crocifisso, nel quartiere Bravetta, davanti a circa trenta bambini e bambine della Polisportiva Bravetta 332 e alla presenza di Francesco Chesti e Marco Bertini, promesse del calcio italiano, rispettivamente difensore della Roma primavera e centrocampista della Lazio primavera.
«Con la nazionale e le partite internazionali ho viaggiato e incontrato avversari di tante nazionalità e culture diverse», ha raccontato Chesti rispondendo alle domande dei bambini e di Felice Alborghetti, capo ufficio stampa del CSI, che ha moderato l’incontro. «La curiosità credo sia essenziale – ha spiegato – perché se si ha la voglia di scoprire l’altro, automaticamente non si può essere razzisti. Questo è il messaggio che voglio lasciare ai bambini». Sulla stessa linea anche la testimonianza di Bertini: «Ho giocato insieme ma anche contro calciatori di diverse etnie e religioni – ha raccontato – e questo mi porta a dire che è concretamente una ricchezza incontrare persone diverse. Si scoprono le loro abitudini, stili di vita, le diverse esigenze alimentari per motivi religiosi. Il messaggio di questo torneo credo sia questo: avvicinarsi a ciò che non si conosce con lo spirito di arricchirsi, di avere qualcosa in più».
L’esperienza di oratorio è nata nella parrocchia di Bravetta «perché lo sport è fondamentale per fare avere ai bambini una formazione integrale, che si aggiunge alla loro crescita umana e spirituale – ha raccontato il parroco padre Nino Bucca -. I ragazzi con questa iniziativa imparano che un’atleta è tale – ha sottolineato, citando san Paolo – se è disciplinato in ogni aspetto della sua vita». Al centro, quindi, i valori di amicizia, appartenenza, fare gruppo. «Così i bambini diventano “megafoni”, perché portano questi insegnamenti a casa, in famiglia, a scuola, agli altri loro amici», ha aggiunto Omar Daffe, responsabile dell’Ufficio anti razzismo della Lega Serie A. Omar ha vissuto, nel 2019, un episodio di razzismo: portiere senegalese dell’Agazzanese, nell’Eccellenza dell’Emilia-Romagna, decise di abbandonare il campo con tutta la sua squadra dopo pesanti insulti a sfondo razziale.
A intervenire anche Alessia Giuliani e Rita Bassetto, psicologhe e psicoterapeute dell’As Roma, e Roberto Rao, responsabile comunicazione della Ss Lazio. Le prime hanno parlato ai bambini del problema del razzismo, soprattutto nel calcio, dei pregiudizi che spingono verso comportamenti sbagliati e dannosi e hanno sottolineato come «nessuno nasce razzista» ma lo si diventa con esempi distorti e da non seguire. Rao, invece, ha sottolineato l’importanza di distinguere l’avversario in campo, «che è tale solo dal punto di visto sportivo», dall’amico fuori campo. «Le squadre che si scontrano nelle partite sono poi società unite fuori per combattere razzismo e discriminazioni». Al termine dell’incontro spazio al divertimento sul campo, con i ragazzi della Polisportiva che hanno scambiato passaggi e giocate con i due calciatori di Roma e Lazio.
24 marzo 2023