Wrongonyou si presenta con l’album di inediti “Sono io”

Intervista al cantautore romano, finalista tra i giovani al Festival di Sanremo e vincitore del premio della critica Mia Martini nella categoria nuove proposte con “Lezioni di volo”

Wrongonyou, al secolo Marco Zitelli, finalista tra le Nuove Proposte all’ultimo Festival di Sanremo, pur non avendo vinto ha lasciato il segno aggiudicandosi il Premio della critica “Mia Martini” per la sua categoria e il brano “Lezioni di volo”, risulta attualmente l’artista con il maggior numero di streaming tra le nuove proposte, con più di un milione di streaming raggiunti e tra i più trasmessi in radio sempre tra quelli della sua categoria. Piccole, grandi soddisfazioni per il giovane cantautore romano di Grottaferrata, classe 1990, che pensava di avere “qualcosa di sbagliato”, da qui il nome d’arte, visto che a 9 anni, prodigio del calcio, si rompe una caviglia proprio a ridosso della visita con Bruno Conti; a 15, passato al basket, si rompe un ginocchio durante un ritiro estivo, ma poi a 21 anni, trova finalmente la sua strada con la musica.

E gli va anche bene, stavolta. In questi anni ha calcato i palchi di grandi festival internazionali come South by Southwest festival ad Austin in Texas (USA) e all’Europa Vox in Francia, Eurosonic Noorderslag in Olanda, Primavera Sound in Spagna e Home Festival in Italia. “Killer”, uno dei brani più identificativi di Wrongonyou, è inserita nella colonna sonora della serie di successo di Netflix “Baby” e in quella del docu-film su Paolo Villaggio “La voce di Fantozzi”, ad esempio. Altri brani di successo cinematografico e televisivo, oltre che di streaming, sono “Rodeo” (tra le tracce portanti del film “Sempre meglio che lavorare”, del fenomeno web The Pills) e “The lake” (Top Viral 50 di Spotify italia e sincronizzato con altri brani di Wrongonyou in alcuni episodi della serie “Terrace House: Aloha Estate” prodotta da Netflix Japan). “Shoulders” è il brano portante del film “Il Premio” di Alessandro Gassman. L’attore e regista romano ha affidato a Wrongonyou l’intera colonna sonora del film, realizzata insieme a Maurizio Filardo. Da menzionare anche il brano “Proof”, interpretato dall’attrice Matilda De Angelis e candidato ai Nastri D’argento nel 2018. Tutti brani contenuti all’interno del primo album di Wrongonyou, “Rebirth”, pubblicato nel 2018, interamente scritto e composto da Marco stesso e prodotto in gran parte da Michele Canova (produttore di Tiziano Ferro, Jovanotti, Giorgia).

Con il nuovo album, uscito in questi giorni, Marco torna alla sua lingua madre con un ritratto sincero e senza filtri, dopo aver scavato dentro se stesso e riuscendo finalmente a raccontarsi a 360°, senza più il timore di esporsi e con il coraggio di accettarsi, con i propri pregi e le proprie insicurezze. Il disco, prodotto interamente da Riccardo Scirè e coscritto con giovani e importanti autori come Andrea Bonomo, Alessandro Raina, Davide Simonetta e Adel Al Kassem, è un percorso che parte proprio con la title track “Sono io”, una vera e propria dichiarazione di intenti, i quali poi vengono sviscerati in brani come “Lezioni di volo” (trovare il coraggio di lasciarsi andare), “Vertigini” e “Nada” (ammettere le proprie debolezze, insicurezze, giocare con la propria goffaggine). Poi arriva la serenità di accettarsi per come si è con i brani “Prima che mi perda ancora” e “Torniamo da noi”. Non mancano le dediche che ci svelano altri dettagli di Marco: una verso l’artista che più di tutti ha influenzato la produzione musicale di Wrongonyou, “Bon Iver” e l’altra verso l’affetto più caro di Marco, il nonno, a cui ha dedicato “Nonno Bruno”. Il percorso si conclude con un outro strumentale, che l’artista ha deciso di intitolare “Amorproprio” perché «è dall’aver trovato più amore per me stesso che è sgorgata l’ispirazione per il disco», commenta Wrongonyou, che abbiamo intervistato al ritorno da Sanremo per farci raccontare il suo progetto.

Partiamo dal tuo nome d’arte.
Qualche giorno fa ho incontrato Joe Bastianich e mi ha confermato che si può dire in inglese, sto più tranquillo! “Wrong on you” può avere due significati: sia “Mi sono sbagliato su di te”, detto da me a qualcuno, sia che qualcuno lo dica a me. Il senso che volevo dare io è per riscattarmi da quando da piccolo mi bullizzavano, mi prendevano sempre in giro, qualunque cosa indossassi non andava bene, i capelli non andavano bene, era sempre un “sei sbagliato” verso di me. Quindi ho voluto trovare forza da queste prese in giro subite da bambino e dalle cose che non sono andate bene.

Chi sei adesso?
Da un anno a questa parte, sento di essermi ritrovato, ho deciso di mettermi a nudo il più possibile. Volevo parlare di me, senza più vergognarmi di niente. Ho cercato di recuperare quella spensieratezza tipica di quando sei bambino, che a un certo punto perdiamo, forse per pudore. Mi sono impegnato a crescere, a volermi bene e volevo fare un disco che prima di tutto piacesse a me. Sono contento che il progetto sia piaciuto poi a tutto il team di lavoro che ci sta credendo tantissimo.

Di questi tempi è un lusso poter fare un disco che piaccia a sé stessi e non sia fatto in base ai diktat del marcato. E tu hai deciso di aprirti molto con questo disco, come sei arrivato a questa condivisione?
Mi sono reso conto che spesso mi auto sabotavo, magari mi facevo condizionare dal music business e da paranoie tipo “nella canzone il ritornello deve entrare entro 30 secondi, fai così, fai colà”. Tra questo e la paura di esprimersi, mi sentivo frenato. Ma sicuramente capita anche ad altri colleghi di farsi condizionare nei testi e nella musica. Per me a un certo è stata proprio una necessità raccontarmi in maniera diretta e sincera.

Vieni da influenze folk, ma dall’ascolto dell’album si riconoscono diverse influenze e contaminazioni. Quanto è difficile oggi trovare un proprio percorso musicale originale?
Ormai la musica è diventata qualcosa che va a ritmi di fabbrica. Una volta si aspettavano le uscite del venerdì, adesso quelle del giovedì a mezzanotte in streaming. Si va dietro ai tempi che corrono. Ognuno vorrebbe inventare qualcosa di nuovo. Io però ho voluto fare un passo indietro, riprendendo quella spensieratezza di cui parlavo prima, quella di quando non conoscevo il mercato discografico, non avevo condizionamenti, e mettermi là dove ero prima, ma con la consapevolezza di aver trasformato una passione e ragione di vita in un lavoro. Questo è il mio secondo disco in italiano e ho voluto unire le mie esperienze sperimentali in inglese a influenze del cantautorato italiano che, confesso, ho scopeto di recente, prima ascoltavo solo cose straniere.

Hai detto una cosa importante: la musica è un lavoro. In questo momento complicatissimo, hai in programma delle date live a partire da novembre, cosa ti auguri e che prospettive vedi per il mondo discografico e per i live?
Sono molto arrabbiato, perché credo che si sia perso molto tempo. Da una parte il mio lato ottimista spera di poter riprendere i live magari già in estate, dall’altra il mio lato realista mi dice che ho fatto bene a prendere le date a partire da novembre. Io sono preoccupato non tanto per i cantanti, noi abbiamo un contratto discografico, uno stipendio annuale, ma pur sempre un contratto, quanto per gli addetti ai lavori, tutti quelli che lavorano a chiamata, i turnisti per le band, quelli che costruiscono i palchi, e tanti altri che da oltre un anno non hanno più guadagnato niente. C’è un’intera comunità di lavoratori che vivono di musica e spettacolo ferma. La politica ha grandi responsabilità, ma anche ciascuno di noi. Io avrei una gran voglia di fare un concerto o una cena con gli amici, di andare in discoteca, ma non lo faccio perché so che tutti facessimo come ci pare, non ne usciremo mai. Spesso litigo con gli amici perché dico sempre no agli inviti che nonostante i divieti mi arrivano. Sono molto severo su questo, mi è capitato spesso di segnalare alle forze dell’ordine assembramenti qui nelle piazze dei Castelli romani. Mia madre è ufficiale di polizia, e mi dice che a stento pagano gli straordinari che da un anno a questa parte è stata costretta a fare. Ma non dobbiamo aspettare che ci facciano le multe per rispettare le regole!

26 marzo 2021