Willy Monteiro, «un gigante che non avrebbe voluto parole di odio»

A San Giovanni in Laterano l’omaggio al giovane di origini capoverdiane ucciso a Colleferro nel tentativo di difendere un amico. Don Zerai: «È morto per amore»

Il sorriso di Willy. Immortalato nelle gigantografie, ricordato da chi lo conosceva bene. Venerdì 18 settembre, al crepuscolo, mentre dal piazzale antistante la basilica di San Giovanni in Laterano si levavano le note di ”Hallelujah” di Leonard Cohen, centinaia di candele sono state accese in memoria di Willy Monteiro Duarte, il 21enne di origini capoverdiane ucciso a Colleferro la notte tra il 5 e il 6 settembre nel tentativo di difendere un amico e sedare una rissa. Protetta dall’abbraccio degli amici, è arrivata in piazza anche la sorella Milena. Dai parenti e dagli affetti più intimi nessuna «veemenza» contro i responsabili dell’omicidio ma la richiesta che sia fatta giustizia. A chi prende la parola e parla di «pestaggio a 15 metri da una caserma dei carabinieri» e si chiede «come sia stato possibile che nessuno sia intervenuto» gli amici rispondono che «tocca agli organi competenti stabilire cosa sia accaduto e di chi sia la colpa». Il loro unico intento è «omaggiare e onorare un gigante che non avrebbe mai voluto sentire parole di odio».

Dal cugino Erik Monteiro l’appello affinché le manifestazioni che si stanno organizzando per Willy in varie città d’Italia «non diventino uno strumento politico». Devono invece infondere «un messaggio d’amore, di altruismo e di speranza in una società dove dovrebbe essere normale difendere un amico in difficoltà e invece sembrano essere normali l’odio e la rissa». L’auspicio è che tutte le persone che in quest’ultima settimana hanno avuto modo di conoscere la sua storia dai media traggano «ispirazione dal suo sorriso e un insegnamento dalla sua bontà d’animo». Gli amici di Paliano (Frosinone) hanno indossato tutti una t-shirt bianca con la scritta “Ciao Willy” e “Stiamo online”, una delle frasi che il giovane ripeteva spesso. Conoscevano Willy da oltre 15 anni e chiedono di rimanere «uniti nel ricordo» del ragazzo. «Non è morto invano – dicono -. Finché racconteremo la sua storia e la sua vita lui non morirà».

Alla fiaccolata, organizzata da Nibi (Neri italiani – Black italians) e dalla comunità capoverdiana di Roma, è intervenuto anche don Mussie Zerai, sacerdote cattolico eritreo che ha definito Willy una «vittima del vuoto che avanza». Il 21enne, ha aggiunto, ha incarnato «fino all’ultimo istante l’insegnamento del Vangelo». È morto «per amore e per solidarietà, la stessa che negli ultimi anni è stata criminalizzata, tanto che oggi le persone buone vengono insultate e definite buoniste» ma visti i recenti fatti di cronaca per don Mussie è «meglio essere buonista che un cinico razzista». Il sacerdote si è quindi chiesto quante altre vittime «bisogna piangere per riconoscere che qui c’è un problema razzismo e di discriminazione? Quante vittime ancora prima di parlare di prevenzione? La prevenzione – ha rimarcato – non si fa con i militari in strada ma elevando la cultura». Per il sacerdote, ora Willy «non ha bisogno di preghiere perché con il suo coraggio è molto più vivo di tanti morti che camminano».

Canti gospel, poesie e testimonianze hanno scandito la serata, che non rimarrà l’ultima in memoria di Willy. Per Paolo Barros, presidente di Nibi, non bisogna fare manifestazioni «solo ora che il dramma si è appena consumato. Bisogna rimanere vigili e chiedere giustizia affinché fatti simili non accadano mai più». Ha quindi ricordato Giovani dos Santos Rodrigues, anche lui originario di Capo Verde e coetaneo di Willy, ucciso in Portogallo a gennaio. «Siamo una comunità forte – ha concluso -, sapremo rialzarci ma non dimenticare quanto accaduto».

21 settembre 2020