“W gli anziani”, i premi da Rebibbia al Malawi
Quattro sezioni del concorso, organizzato da Sant’Egidio e dal Circolo Iplac-Insieme, giunto alla sua seconda edizione
Quattro sezioni del concorso, organizzato da Sant’Egidio e dal Circolo Iplac-Insieme, giunto alla sua seconda edizione
Incoraggiare l’incontro fra generazioni e diffondere una nuova sensibilità che contrasti la cultura dello scarto e l’isolamento degli anziani: queste le ragioni del premio letterario “Viva gli anziani”, dedicato al tema della terza e quarta generazione. Per questa seconda edizione, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio e dal Circolo Iplac-Insieme per la cultura, la consegna dei riconoscimenti si è tenuta sabato 18 giugno a Roma. Quattro le sezioni del concorso: poesia, racconto, scuola e internazionale, per un totale di 150 elaborati pervenuti. «Non pochi, considerando che è solo il secondo anno per un concorso vincolato, tra l’altro, da un argomento “non di moda” anzi, talvolta scomodo», spiega Michelangelo Bartolo, presidente del premio letterario.
Diversi anche i lavori inviati dagli stessi anziani ospitati negli istituti che descrivono, da protagonisti, la propria quotidianità, spesso malinconica e priva di stimoli. Strutture grandi e spersonalizzate, che una delle autrici in gara – una signora di 97 anni – non ha timore a definire «anticamera della morte». Non sono mancate le sorprese: «Un racconto ci è giunto anche da un anziano della casa di reclusione di Rebibbia a cui la giuria ha dedicato un premio speciale». È la storia di un vecchietto che si reinventa la vita lavorando dietro una bancarella. «Tra due o tre settimane – rivela Bartolo -, alcuni membri della giuria andranno a Rebibbia a consegnare il premio, non essendo stato concesso all’autore il permesso di partecipare alla cerimonia ufficiale».
Per la sezione internazionale, i giurati hanno scelto invece un racconto spedito dal Malawi, uno dei paesi più poveri dell’Africa, che tratteggia la condizione degli anziani spesso vittime di superstizioni, accusati di stregoneria ed emarginati dai loro villaggi: «Un quadro sconosciuto a noi europei che ha bisogno di essere contrastato anche con il diffondersi di una nuova ». Un riconoscimento anche a due ospiti dello Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) di Catania: «Segno tangibile di reale integrazione». E poi tantissimi giovani, grazie anche al coinvolgimento delle scuole. «Dai loro racconti emerge una nuova figura di nonni – racconta Bartolo -: chattano, postano le foto dei nipotini su Facebook e sono più presenti nella vita quotidiana e nella famiglia». Insomma, un concorso monotematico «che non ha dato risultati scontati ma ha messo in luce la complessità e la poliedricità del mondo degli anziani».
D’altronde è proprio questo l’obiettivo del premio: «Da medico, vedo che molti anziani hanno problemi a tornare a casa dopo essere stati in ospedale, o comunque per loro ci sono poche soluzioni, anche a causa di un sistema sanitario in emergenza». Angiologo all’Ospedale san Giovanni-Addolorata di Roma, impegnato in Africa con Dream, il programma sanitario della Comunità di Sant’Egidio che oggi garantisce prevenzione e terapia dell’Aids nel continente nero, Bartolo spiega che l’istituzionalizzazione non è l’unica strada.
«Occorre anche un discorso culturale» per far capire quanto sia importante nella vita di ciascuno la presenza di persone con qualche anno in più di esperienza. E quanto sia importante per quest’ultime sentirsi parte di una famiglia, di un progetto e di un futuro ancora tutto da costruire. «Si può provare l’effetto di sentirsi giovani da vecchi, negli ultimi anni di vita», è scritto in uno dei racconti vincitori. E questo perché «la gioventù è nel cuore e nell’anima». Soprattutto perché «si chiama gioventù la speranza. Si chiama gioventù il sentirsi amati».
20 giugno 2016