Il volto degli adolescenti, rispecchiarsi in uno schermo d’amore

Volere autenticamente il bene di questi figli e di queste figlie è anzitutto accendere per loro un faro in un mare in tempesta. Aiutarli, da adulti, a puntare sul vero e sul bello

Riflettevo oggi su come di tutta la mutevolezza di cui un adolescente è capace, forse niente come il suo volto sembra volerci imporre quanto a un certo punto questi ragazzi e ragazze, questi figli e queste figlie, ci sfuggano continuamente. Quale è il volto vero di un adolescente? Dove è possibile conoscere il volto vero di un adolescente? Perché è così complicato ritrovare la bellezza pura di quell’infanzia che improvvisamente si fa così lontana?

Eppure questo incendio di vita che come genitori e come educatori ci sorprende continuamente, spesso smascherando in noi tutta l’impotenza, il tremore nell’essere costretti a sentire scivolare le redini, non dovrebbe mai distogliere la nostra attenzione da quanto i primi a non riconoscere il proprio volto anzitutto siano loro: i nostri ragazzi e le nostre ragazze.

Mi viene in mente una ragazzina di qualche anno fa che incontravo la mattina presto alla fermata dell’autobus e che poi avevo in classe in prima ora. Usciva di casa vestita in un modo, acqua e sapone, entrava in classe (s)vestita e truccata nel volto in tutt’altro modo, dopo una veloce e laboriosa sosta in bagno. Dove era il suo volto, riconosceva il suo volto? Mi viene in mente il lavoro certosino con cui i nostri ragazze e le nostre ragazze limano oggi quello che vorrebbero fosse il loro volto in quella estensione del proprio io che è la loro proiezione nel mondo digitale, il loro autorappresentarsi in scatti sempre uguali, in sguardi seriali riprodotti all’infinito, in codici di gruppo gratificati o umiliati a peso di like. Dove è il loro volto, custodiscono il loro volto?

Mi vengono in mente le mille proiezioni della fragile e impacciata maschera che inizieranno a indossare per coprire il loro volto per la prima volta, la prima delle mille che come noi tutti collezioneranno in una vita intera, maschere sgraziate che si circoscriveranno nelle forme di un apparire spaventato o aggressivo, gentile o volgare, ribelle o mite. Dove sarà il loro volto, sapranno ritrovare il loro volto? Infine mi vengono in mente i tanti che avendo smarrito il nitore di quando tutto era bambino si sono ritrovati confusi, si ritrovano confusi, si ritroveranno confusi senza nemmeno tentare di fissare un qualche proprio volto e sono rimasti, rimangono, rimarranno lì, sospesi, non capendo cosa sia accaduto, cosa stia accadendo, non sapendo cosa potrebbe accadere.

Dove era, dove è, dove sarà il loro volto? Che i nostri ragazzi e le nostre ragazze, i nostri figli e le nostre figlie, in quel trapasso che è la loro primavera confondano e mischino come in una tavolozza disordinata i segni del proprio volto, per quanto faticoso e sfiancante per noi e per loro, è bello e giusto. Esiste però una necessità privilegiata e credo unica perché, pur nei fortunali e nelle oscillazioni dovuti alla ricerca del proprio io, i nostri ragazzi e le nostre ragazze, i nostri figli e le nostre figlie, possano conservare il fondo stabile e immutabile del volto vero che ognuno di loro ha ricevuto in dono.

La via è quella del rispecchiarsi. Rispecchiarsi nello schermo d’amore e quindi d’identità che può, pur passivamente ma fermamente, offrire chi tenga davvero a loro. Del resto non fu esperienza anche di Dante quella di sobbarcarsi un viaggio incerto per poi ritrovarsi ad ammirare se stesso dentro colui che in modo misterioso e ineffabile l’aveva condotto fino a quel punto?

Ecco, pur non volendo rubare il mestiere a Dio, credo davvero che per quanto ci riguarda, genitori o educatori, il volere autenticamente bene e volere autenticamente il bene di questi figli e di queste figlie sia anzitutto accendere per loro un faro in qual mare in tempesta. Un faro che li assista nel puntare sull’autentico, sul vero, sul bello, sapendo che possiamo sbagliare anche noi, ma che non sarà mai uno sbaglio incoraggiarli, correggerli, amarli. Un faro che indichi una terra ferma e che dica loro, nonostante tutto: «Ecco, questo sei veramente tu». A tra quindici giorni.

17 gennaio 2018