Violenze in Ecuador, «chiesta sospensione delle Messe in presenza»

Il presidente Caritas Crameri al Sir: «Di fatto, non c’è legge, ora negozi e scuole sono chiusi. Iniziano anche a scarseggiare gli alimenti. La situazione è preoccupante»

«La situazione è complicatissima». Parla da Guayaquil, in questi giorni epicentro della violenza nel Paese, il presidente di Caritas Ecuador monsignor Antonio Crameri. Raggiunto al telefono dal Sir, racconta di una nazione messa a ferro e fuoco, negli ultimi giorni, dalle bande criminali e del narcotraffico. Specialmente nelle ultime 48 ore. L’episodio culminante: l’irruzione di un commando armato, ieri pomeriggio, 9 gennaio, durante un programma in diretta tv, nella sede dell’emittente TC di Guayaquil. Uno degli uomini incappucciati ha piazzato un ordigno esplosivo nei vestiti di uno dei presentatori e lo ha costretto a parlare con la telecamera, chiedendo alla polizia di lasciare la redazione.

Il presidente della Repubblica Daniel Noboa ha proclamato lo stato di «conflitto interno» e il coprifuoco, dispiegando l’esercito nelle principali località del Paese. La situazione, molto difficile da mesi, è precipitata domenica 7 gennaio, quando il comandante generale della polizia César Zapata ha confermato che non si conosceva il luogo in cui si trovava Adolfo Macías Villamar – Fito – leader dei Los Choneros, condannato a 34 anni di carcere. Il criminale era detenuto in un carcere di Guayaquil, da dove è fuggito senza lasciare traccia. Sempre ieri, 9 gennaio, si è registrata l’evasione di un altro capo di gruppi criminali, Fabricio Colón Pico, dei Los Lobos, arrestato sabato scorso e subito evaso dal carcere di Quito.

Nei principali centri penitenziari del Paese la situazione è fuori controllo da giorni, ma la tensione si è spostata nelle principali città, in particolare Quito, Guayaquil, Loja, Esmeraldas e Cuenca, con autobombe, auto incendiate, attacchi alle forze dell’ordine. Presi d’assalto, oltre alla televisione, anche cinque ospedali. «Io in questi giorni mi trovo a Guayaquil, dove si è scatenato l’inferno – spiega Crameri, che è vescovo del vicariato apostolico di Esmeraldas, città sul Pacifico, da mesi epicentro della violenza nel Paese -. Da Esmeraldas mi raccontano di auto bruciate, negozi saccheggiati, persone sequestrati. Mi dicono che sono stati uccisi due agenti che facevano da scorta al procuratore della Repubblica – riferisce al Sir -. Quattro capi sono evasi dal carcere. Di fatto, non c’è legge, ora negozi e scuole sono chiusi. Io stesso – prosegue – ho chiesto la sospensione delle Messe in presenza, come si è fatto durante la pandemia. Dovrei tornare a Esmeraldas, ma non so se sarà possibile. Iniziano anche a scarseggiare gli alimenti».

Contattato dal Sir anche il docente universitario padovano Damiano Scotton. «La situazione è preoccupante, anche se qui la vita sta andando avanti con una certa normalità – racconta -. Sono comunque esplose tre autobombe, ci sono blocchi stradali, nel carcere sarebbero tenute in ostaggio settanta guardie e altri dodici lavoratori. Una situazione, questa, che si sta verificando anche in molti altri istituti penitenziari».

10 gennaio 2024