Violenza sulle donne. Ravasi: «Il problema è considerarle “cosa” propria»

Il presidente del Pontificio consiglio della Cultura al “Cortile degli studenti”: «Evitare sempre la “cosificazione” della persona»

Il presidente del Pontificio consiglio della Cultura al “Cortile degli studenti”: «Evitare sempre la “cosificazione” della persona»

«Questa violenza che una volta veniva espressa attraverso le grandi guerre mondiali ora tende a stendersi in diverse forme come un sudario sulla società ed il rischio è che venga “accettata”»; quanto alla violenza specifica sulle donne «si spiega lungo due strade». Ad affermarlo al Sir è il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, a margine dell’incontro “Prepotenza e paura. La dignità della donna contro la violenza” promosso oggi a Roma dal Cortile dei Gentili con il patrocinio della Regione Lazio. L’appuntamento odierno rientra nel più ampio progetto del “Cortile degli studenti”.

La prima strada, spiega Ravasi, «è quella che sempre più considera la persona umana come una cosa, la cosificazione della persona. Come diceva nel secolo scorso il filosofo Martin Buber abbiamo due relazioni: un rapporto io/tu tra persone e un io/esso tra persone e cose. Oggi siamo quasi incapaci di un rapporto io/tu e tutto diventa io/esso. Così il maschio considera la donna come un suo possesso e scarica su questa ‘sua cosa’ tutte le sue pulsioni oscure. La seconda strada è legata alla rete che doveva essere un grande strumento di comunicazione e si è invece trasformata, per molti aspetti, in strumento di perversione, pensiamo alla violenza veicolata su Internet, e si tratta di una violenza nascosta».

C’è una questione maschile? «Penso di sì – risponde il porporato -. La figura maschile che ritenevamo si fosse ormai ‘civilizzata’ rispetto alla posizione precedente, dominante, di ‘artefice’ di tutta la società, in realtà conserva questa sorta di imprinting plurisecolare e lo manifesta ancora. La donna però tante volte non mostra quelle capacità di relazioni, tenerezza, comprensione, mediazione che sarebbero capaci di attenuare il conflitto».

«L’unico vero strumento di prevenzione della violenza, in generale e nello specifico contro le donne, è l’educazione, e questo è un grande compito per la scuola e per la Chiesa. Le religioni che in passato sono state strumento di guerra e oppressione – prosegue Ravasi -, adesso, almeno nella loro anima autentica, sono l’unico seme che viene depositato in questo terreno così pieno di zizzania. Pensiamo a quanto sta facendo Papa Francesco in questa direzione». Nel volantino della giornata odierna è stato inserito l’invito del Pontefice alla preghiera, dopo la recita dell’Angelus dello scorso 12 marzo, per le ragazze e i ragazzi vittime di violenze, che il Papa ha definito «piaga e urlo nascosto» che «non possiamo continuare a far finta di non vedere e di non ascoltare».

«Sì – prosegue Ravasi -, ma Francesco continuamente sottolinea l’importanza di rispettare e valorizzare la donna. Invita ad atteggiamenti di misericordia e comprensione nelle relazioni. Anche di fronte agli errori dell’altro, non si può irrompere contro di lui con la violenza della reazione istintiva e primordiale». Purtroppo, conclude il cardinale, «questa evoluzione non si è ancora compiuta, alcuni uomini sembrano rimasti al tempo delle caverne».

 

30 marzo 2017