Violenza sulle donne, la diocesi apre uno sportello contro gli abusi

Lo ha annunciato il direttore del Centro per la Pastorale familiare, monsignor Andrea Manto, alla presentazione del libro “Violenza sulle donne”. Il vicario De Donatis: «Alleanza tra Chiesa e istituzioni»

Armonizzare le differenze tra i sessi per disinnescare la violenza sulle donne, creare insieme strumenti efficaci per restituire dignità e camminare fianco a fianco alle vittime. Nel farsi prossima, nel toccare le piaghe reali di una sofferenza maturata, molte volte, in famiglia, la Chiesa di Roma ha deciso di aprire nei prossimi mesi uno sportello antiviolenza che si avvarrà del supporto di professionisti, psicologi, avvocati, assistenti sociali e ostetriche che aiuteranno a sostenere le donne e i loro figli vittime di abusi. La sede sarà quella della casa famiglia Mater Admirabilis che sarà aperta in via della Pineta Sacchetti. Ad annunciarlo è stato monsignor Andrea Manto, direttore del Centro per la Pastorale familiare della diocesi di Roma, nel corso della presentazione in Vicariato del libro “Violenza sulle donne. Antichi pregiudizi e moderni mutamenti di identità, ruoli e asimmetrie di potere” pubblicato dalla Fondazione Ozanam-San Vincenzo De Paoli in collaborazione con il Centro diocesano per la famiglia.

prof giuseppe chinniciIn diversi consultori è già stata attivata
anche l’ostetrica di comunità, ha annunciato il sacerdote, un progetto che prevede una formazione specifica per ostetriche a riconoscere, durante la gravidanza e nel puerperio i segni di violenza. Per Manto «la famiglia è fatta anche di ombre e vogliamo aiutarla perché queste situazioni difficili siano conosciute e prevenute in modo che non si arrivi ai drammi raccontati dai media». Nel corso della presentazione del libro, che per il professor Giuseppe Chinnici – presidente di Fondazione Ozanam – è «uno strumento di supporto e di aiuto a chi è vittima e a chi opera nelle associazioni di volontariato», è intervenuto per un saluto il vicario Angelo De Donatis. L’arcivescovo ha riflettuto sull’importanza di un’alleanza tra «Chiesa, istituzioni, credenti e non credenti» per «contrastare la mercificazione e la sopraffazione che trova un assurdo sfogo sulla donna». Tutti coloro che si professano cristiani «devono essere impegnati in un percorso di riscatto dell’umano», perché «dove la violenza non viene redenta resta una ferita che genera altra violenza».

Molte volte il problema, come dimostrano
le testimonianze contenute nel volume, emerge tra le mura domestiche; «di fronte a questo non possiamo tacere, il Papa ci chiede di denunciare la violenza taciuta, i maltrattamenti e le varie forme di schiavitù che costituiscono non una dimostrazione della forza mascolina ma un degrado violento». Tuttavia – ha concluso De Donatis – «la risposta non può essere la delegittimazione della famiglia. Occorre al contrario fare più famiglia, sostenerla e costruire relazioni più mature».

maria francesca francesconi, maria rosa ardizzoneIl libro, curato da Maria Rosa Ardizzone e Maria Francesca Francesconi, contiene informazioni sui centri e le strutture a sostegno delle donne nel percorso di uscita. Molteplici i contributi che spaziano da quelli dei rappresentanti delle istituzioni a esperti, studiosi, responsabili di strutture (Ceis, Rising, il Consultorio La Famiglia). «Una pluralità di voci e di esperienze di vita e di impegno sociale – ha sottolineato Chinnici – che rendono unico e prezioso questo progetto che vede il patrocinio del Vicariato». Le curatrici hanno avuto modo di sottolineare, dopo un intermezzo musicale del Coro della Casa internazionale delle donne diretto da Patrizia Nasini, la molteplicità dei temi affrontati: «dalla violenza di genere, con le testimonianze delle vittime, all’approfondimento pedagogico, psicologico e sanitario, prendendo spunto anche dalle ricerche nazionali e internazionali che hanno affrontato il tema della violenza assistita».

Per Ardizzone «ogni violenza, chiunque sia a commetterla, segna il fallimento di un processo educativo che non ha insegnato a considerare l’altro come persona ma come oggetto». È necessario rispettare l’alterità, quindi, e «intervenire sviluppando una educazione ai sentimenti, all’affettività, all’amore e al rispetto dell’altro». Dello stesso parere la giurista Francesconi: «La norma di legge non può essere l’unico fattore di risoluzione della violenza. Bisogna insistere su quel cambiamento culturale per le nuove generazioni finalizzato alla conoscenza di una sana affettività che prescinda dal sentimento di possesso dell’uomo sulla donna».

 

13 aprile 2018