“Victoria & Abdul”, affresco di un’amicizia che cambia la storia

Nelle sale dal 26 ottobre la pellicola di Stephen Frears ispirata a un episodio vero legato alle celebrazioni per il Giubileo d’oro della regina inglese. Tra storia e attualità

All’ultima mostra di Venezia nel settembre scorso è stato presentato “Victoria & Abdul”, film che si inserisce all’interno di un cinema inglese spesso di convincente qualità, ben fatto e capace di recuperare episodi del passato tenendo un occhio bene aperto sull’attualità. Il film esce in sala il 26 ottobre e racconta la storia dell’amicizia che sbocciò tra la regina Vittoria, già anziana, e Abdul Farim. Questi era un giovane indiano arrivato a Londra per partecipare alle celebrazioni per il Giubileo d’oro della regina. Durante il pranzo, Abdul riesce a colpire l’attenzione della sovrana per il suo modo di fare gentile e disponibile. Si apre così una sorta di corridoio speciale che lo porta a conquistare i favori della regina.

La storia dice che l’episodio è vero, tenuto nascosto per quasi un secolo all’interno delle vicende della monarchia. Finalmente si è scoperto che Abdul aveva cominciato a scrivere un diario a partire dal 1887, anno in cui affronta il viaggio verso l’Inghilterra, e che quei testi sono serviti da base per scrivere un copione il più attendibile possibile. Dopo il primo momento, il rapporto tra Vittoria e Abdul trova il passo per sfociare in una bella amicizia. Naturalmente questo atteggiamento favorevole verso uno straniero, anzi verso un suddito, suscita a corte parecchia invidia, pronta ben presto a sfociare in malumori dapprima tenuti sottotraccia poi sempre più evidenti, che si concretizzano in vere e proprie opposizioni alle richieste di sua maestà, al limite dell’ammutinamento. Con il conseguente emergere di fazioni opposte e contrastanti, tutte orientate a non recare offesa all’anziana regina e tuttavia fortemente in imbarazzo per il crescente potere che Abdul acquistava a corte.

Il racconto mantiene una linea coerente che oscilla tra verità e finzione. Quando le concessioni fatte dalla sovrana sembrano il risultato di un cedimento eccessivo rispetto al peso del personaggio, è il momento di pensare al libero lavoro degli sceneggiatori. La sensazione che la regina ceda all’imprevisto amico trova giustificazione nella ricerca di novità e di cambiamento da parte di Vittoria, nella sua ansia di interrompere un protocollo ormai vecchio e ingessato. A dare vigore alla credibilità dei comportamenti di Vittoria contribuisce non poco la scelta di Judi Dench. L’attrice inglese, già Premio Oscar per “Shakespeare in love” (1997), offre dell’anziana regina un ritratto sofferto e scavato, stretta tra la voglia di lasciarsi andare alla novità e la necessità di non rompere con il passato, con una tradizione forte e radicata come quella della corona britannica.

In cabina di regia, Stephen Frears si conferma tra i più versatili e duttili registi del cinema inglese, autore di titoli quali “The Queen” (Oscar a Helen Mirren), “Tamara Drewe Tradimenti all’inglese”, “Philomena”, ancora con Judi Dench, Premio Signis alla Mostra di Venezia. Va detto che in questa occasione, e visto il materiale a disposizione, Stephen Frears si mostra al di sotto delle attese. Il film inciampa infatti in qualche passaggio meno felice, con toni inutilmente didascalici e talvolta prevedibili, scivolando verso il racconto fiabesco, qua e là privo di mordente. Un affresco storico piacevole e da vedere con molta curiosità.

23 ottobre 2017