Porta la data di venerdì 31 gennaio l’ordine esecutivo emesso dal presidente Usa Donald Trump che limita il rilascio di visti per gli immigrati provenienti da Myanmar, Eritrea, Kirghizistan e Nigeria. Non solo: stabilisce che anche chi arriva da Paesi disagiati come Sudan e Tanzania non potrà più beneficiare di visti speciali, la cosiddetta “Visa diversity”. Immediato e forte il disaccordo dei vescovo americani, che hanno emesso un comunicato congiunto con il presidente del Catholic Service Relief, la maggiore organizzazione caritativa per i migranti, e la Caritas, denunciando apertamente il decreto, che avrà un impatto anche sul ricongiungimento familiare e sugli aiuti ai migranti che sono stati forzati a rimanere nei Paesi messi al bando.

I presuli delegati a occuparsi delle migrazioni a più livelli – dall’assistenza umanitaria alla libertà di religione – denunciano una quotidianità che conoscono bene. «Osserviamo con particolare tristezza e abbiamo assistito in prima persona al trauma della separazione familiare che si verifica con i divieti di viaggio, estesi anche all’ambito delle malattie familiari», dichiarano. Il timore di vescovi e volontari è che questo ennesimo divieto frutto di informazioni parziali «danneggerà famiglie innocenti». Pur consapevoli della necessità della sicurezza, questa ulteriore chiusura porterà, secondo la Conferenza episcopale Usa, costi umani non calcolabili. L’arcivescovo presidente José Gomez continua a ribadire che l’accoglienza delle famiglie ha permesso «al nostro Paese di integrare le successive generazioni di immigrati nel tessuto della vita americana, consentendo loro di contribuire con la loro fede, i valori e i talenti a renderlo grande» ed esorta l’amministrazione a tornare sui suoi passi.

Già nei giorni scorsi i vescovi si erano schierati contro l’ultima decisione dei giudici della Corte Suprema che limitava l’accesso a servizi essenziali come la sanità e l’alloggio a quei migranti che hanno pendenze legali sul loro stato di permanenza negli Usa. La lentezza delle pratiche di accertamento delle richieste di accoglienza e di asilo, accompagnata da questa ultima sentenza giuridica «avrà conseguenze devastanti per le comunità di immigrati, poiché le persone colpite vengono gettate nell’ombra perché temono la deportazione e la separazione dalla famiglia» quando si rivolgeranno agli enti assistenziali per un supporto, anche a quelli cattolici. «Impedire a chiunque di avere accesso a servizi salvavita è contrario alla nostra convinzione che tutta la vita sia sacra dall’inizio alla fine ed è contraria al Vangelo ci obbliga a servire coloro che sono nel bisogno, indipendentemente dalle circostanze», l’affondo dei vescovi che chiedono al presidente impegni seri sulla difesa della vita.

4 febbraio 2020