XXXVIII Giornata per la vita, il Messaggio della Cei

“La misericordia fa fiorire la vita”. Questo il testo del messaggio del Consiglio episcopale permanente diffuso in vista della celebrazione del 7 febbraio

“La misericordia fa fiorire la vita”. Questo il titolo del testo del Consiglio episcopale permanente in vista della celebrazione del prossimo 7 febbraio

«Siamo noi il sogno di Dio che, da vero innamorato, vuole cambiare la nostra vita». Inizia con una citazione di Papa Francesco che invita a «spalancare il cuore alla tenerezza del Padre» il messaggio del Consiglio episcopale permanente per la trentottesima Giornata nazionale per la vita, che si celebra il 7 febbraio 2016. Un testo diffuso questa mattina, giovedì 22 febbraio, che già nel titolo porta inscritto il riferimento al Giubileo straordinario indetto dal pontefice: “La misericordia fa fiorire la vita”.

«L’Anno Santo della misericordia – scrivono i vescovi – ci sollecita a un profondo cambiamento». Ed è proprio la misericordia che «cambia lo sguardo, allarga il cuore e trasforma la vita in dono: si realizza così il sogno di Dio». Garante, in qualche modo, di quel sogno è «la famiglia costituita da un uomo e una donna con un legame stabile», che è vitale nella misura in cui «continua a far nascere e a generare». Inevitabile il riferimento al «preoccupante calo demografico» dell’Italia, dove «mentre si continuano a investire notevoli energie a favore di piccoli gruppi di persone, non sembra che ci sia lo stesso impegno per milioni di famiglie che, a volte sopravvivendo alla precarietà lavorativa, continuano a offrire una straordinaria cura dei piccoli e degli anziani».

E invece ogni figlio che viene al mondo, si legge nel messaggio, è «volto del “Signore amante della vita”, dono per i suoi genitori e per la società». Al contrario, «ogni vita non accolta impoverisce il nostro tessuto sociale». I credenti dunque, è l’appello dei vescovi, sono chiamati a farsi «diffusori di vita “costruendo ponti” di dialogo, capaci di trasmettere la potenza del Vangelo, guarire la paura di donarsi, generare la “cultura dell’incontro”». Nello stile di Emmaus, come richiesto dal Vangelo della misericordia. Come Gesù che «si mette accanto, anche quando l’altro non lo riconosce o è convinto di avere già tutte le risposte. La sua presenza – osservano i presuli – cambia lo sguardo ai due di Emmaus e fa fiorire la gioia: nei loro occhi si è accesa una luce». Quella stessa che sperimentano gli sposi, accogliendo «un amore disposto a donarsi senza chiedere nulla in cambio», nel quale «fiorisce lo spazio umano più fecondo per far crescere le giovani generazioni e per “introdurre – con la famiglia – la fraternità nel mondo».

«Fare del mondo una famiglia». Questo «sogno di Dio», come lo definiscono i vescovi, diventa «metodo» quando in nella famiglia «si impara a custodire la vita dal concepimento al suo naturale termine e quando la fraternità si irradia dalla famiglia al condominio, ai luoghi di lavoro, alla scuola, agli ospedali, ai centri di accoglienza, alle istituzioni civili». E «chiunque si pone al servizio della persona umana realizza il sogno di Dio». L’invito è allora a «contagiare di misericordia» la società, aiutandola a guarire da quelli che vengono definiti gli «attentati alla vita»: dalla «piaga dell’aborto» al «lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel canale di Sicilia»; dalla morte sul lavoro a quella per denutrizione; dal terrirismo, la guerra, la violenza all’eutanasia. «Amare la vita – si legge nel messaggio – è sempre prendersi cura dell’altro, volere il suo bene, coltivare e rispettare la sua dignità trascendente».

Contagiare di misericordia, è la conclusione del messaggio, «significa affermare – con Papa Francesco – che è la misericordia il nuovo nome della pace. La misericordia farà fiorire la vita: quella dei migranti respinti sui barconi o ai confini dell’Europa, la vita dei bimbi costretti a fare i soldati, la vita delle persone anziane escluse dal focolare domestico e abbandonate negli ospizi, la vita di chi viene sfruttato da padroni senza scrupoli, la vita di chi non vede riconosciuto il suo diritto a nascere». Ancora, significa «osare un cambiamento interiore, che si manifesta contro corrente attraverso opere di misericordia. Opere di chi esce da se stesso, annuncia l’esistenza ricca in umanità, abita fiducioso i legami sociali, educa alla vita buona del Vangelo e trasfigura il mondo con il sogno di Dio».

22 ottobre 2015