Verso la canonizzazione di Charles de Foucauld

Il 3 maggio il Concistoro. La testimonianza di don Falaghini, rettore del Maggiore: «Il suo carisma: mettersi alla sequela di Cristo». Come un «monaco tra la gente»

Charles de Foucauld sarà presto santo. La data sarà fissata questa mattina, 3 maggio, durante il Concistoro ordinario pubblico per la canonizzazione di sette beati presieduto da Papa Francesco, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano. Con l’eremita del Sahara, ucciso dai predoni il 1° dicembre 1916 a Tamanrasset, nel cuore del deserto in Algeria, saranno innalzati agli onori degli altari i beati Lazzaro, detto Devasahayam, ossia “Aiuto di Dio”, primo martire laico di nazionalità indiana; il sacerdote César de Bus, fondatore della Congregazione dei Padri della Dottrina Cristiana; don Luigi Maria Palazzolo, fondatore dell’Istituto delle Suore delle Poverelle – Istituto Palazzolo; don Giustino Maria Russolillo, fondatore della Società delle Divine Vocazioni e della Congregazione delle Suore delle Divine Vocazioni; Maria Francesca di Gesù (al secolo Anna Maria Rubatto), fondatrice della Suore Terziarie Cappuccine di Loano, e Maria Domenica Mantovani, cofondatrice e prima Superiora Generale dell’Istituto delle Piccole Suore della Sacra Famiglia.

Charles de Foucauld, fratel Carlo di Gesù, è stato il testimone del Vangelo tra i tuareg del Sahara dove si era trasferito nei primi del ‘900 per vivere sull’esempio della vita condotta da Gesù a Nazareth, prima della sua missione pubblica. L’unione profonda con il Signore lo ha guidato in «un cammino di trasformazione fino a sentirsi fratello di tutti», per usare le parole di Papa Francesco a conclusione dell’enciclica “Fratelli tutti”, ispirando, tra il 1955 e il 2007, la nascita di un’associazione sacerdotale, due fraternità secolari, 5 associazioni laiche e 12 istituti religiosi. Una famiglia comprendente complessivamente più di 13mila persone che vogliono concretizzare l’invito alla fratellanza universale.

Di questa famiglia fa parte, da oltre 20 anni, anche don Gabriele Faraghini, rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore, che nel 1998 ha emesso la professione dei voti perpetui nella fraternità dei Piccoli Fratelli di Jesus Caritas di cui oggi è procuratore generale. Il sacerdote ha accolto «con grande gioia» la notizia della canonizzazione del pioniere del dialogo tra culture e religioni diverse. La causa di beatificazione del visconte francese era stata aperta negli anni ’20 e don Gabriele è «contento che finalmente venga proposto a tutti i cristiani come modello di santità».

Per il rettore, è «difficile» riassumere il carisma dell’eremita ucciso a 58 anni. Lo stesso de Foucauld non «amava parlare di carisma, si limitava a dire “Io seguo Gesù” – spiega don Faraghini -. Il suo carisma era quello di mettersi alla sequela di Cristo». E associa la vita del futuro santo a quella di un monaco missionario. Quando padre Carlo cercava di definirsi, rimarca don Gabriele, si descriveva come «un monaco che viveva solo con Dio ma in mezzo ai fratelli. Ha cercato di conciliare la solitudine dell’eremita con il vivere tra la gente, così come fece Gesù a Nazareth dove, fino a 30 anni, senza manifestarsi esplicitamente come figlio di Dio viveva la sua intimità con il Padre e l’amicizia con i fratelli. Qualcuno definisce la spiritualità di fratel Carlo di Gesù come un pendolo, amore a Dio e amore ai fratelli. È la spiritualità di ogni battezzato. Nella vita di un cristiano vivono insieme Marta e Maria».

Soffermandosi sull’attualità della testimonianza di Charles de Foucauld in tempo di pandemia, don Gabriele ricorda che padre Carlo ha vissuto il contesto della prima guerra mondiale e fu ucciso proprio davanti al fortino di Tamanrasset che aveva costruito per dare protezione alla popolazione in caso di incursioni. «Oggi avrebbe colto la pandemia come un segno dei tempi – dice -. Avrebbe vissuto l’intimità con Dio cercando di capire cosa il Signore voglia dirci e, contestualmente, la vicinanza agli uomini in questo tempo di smarrimento, tristezza, disperazione. Non avrebbe atteso passivamente la fine dell’emergenza ma avrebbe vissuto la stessa intensità con cui Gesù ha vissuto la sua vita».

Infine, don Gabriele confessa che nel suo ministero sacerdotale la figura di Charles de Foucauld lo «pungola costantemente. Mi sento sempre al di sotto delle aspettative che lui avrebbe nei miei confronti. A volte può essere difficoltoso vivere l’intimità con Gesù unita all’amicizia con i fratelli, anche in seminario, dove la relazione tra rettore e seminaristi non può essere alla pari. Mi chiedo sempre come avrebbe trasformato questo rapporto in amicizia».

3 maggio 2021