Verso il referendum/3. Stefano Ceccanti: «Superare il bicameralismo perfetto è necessario»

Stefano Ceccanti, costituzionalista e docente di Diritto pubblico comparato alla Sapienza di Roma illustra le ragioni del sì alla riforma Boschi. Voto: 9

Stefano Ceccanti, costituzionalista e docente di Diritto pubblico comparato alla Sapienza di Roma illustra le ragioni del sì alla riforma Boschi. Voto: 9

Quale è lo stato di salute della nostra Costituzione? Porta ancora bene gli anni che ha o le occorre un restyling?
La prima parte della Costituzione, in particolare i primi 12 articoli, vanno benissimo. La seconda, quella “organizzativa”, non riesce a invece a rendere ben operativi i principi della prima, per alcuni aspetti perché vi sono dei problemi che si trascinano da allora, dato che essa fu votata in un clima di scontro dovuto alla guerra fredda che scoraggiò soluzioni più ardite come alcune scelte di rafforzamento del Governo e di Senato delle Regioni, in parte perché sono sorti problemi nuovi a cui rispondere.

Obiettivo della Riforma è il superamento del bicameralismo perfetto: occorre davvero? Cosa accadrà all’iter legislativo? Le nostre leggi saranno meno equilibrate?
Occorre per due motivi fondamentali. Il primo è che non possiamo appendere il governo al risultato di due Camere diverse che possono dare maggioranze diverse: è successo 4 volte su 6 dal 1994. Il secondo è perché il Senato attuale non riduce i conflitti tra Stato e Regioni. Accadrà che il Governo risponderà solo a una Camera che potrà prevalere nel voto sulle leggi evitando quindi la schizofrenia delle due maggioranze. La Camera politica non sarà obbligata a tener conto degli emendamenti del Senato delle Autonomie, ma ne terrà conto per evitare conflitti davanti alla Corte.

Il Senato “ridotto” farà risparmiare lo Stato e dovrebbe fungere da raccordo tra Stato, Regioni e Comuni. Potrà proporre leggi ed emendamenti ma la Camera non avrà l’obbligo di prendere in considerazioni i suoi rilievi. Di fatto sarà un organo “svuotato” per alcuni aspetti ma per alcuni tipi di legge dovrà votare paritariamente insieme alla Camera. Funzionerà meglio? In che modo “raccorderà” Stato, Regioni e Comuni? Con quali vantaggi?
Il Senato nuovo conserverà un potere paritario su alcune grandi scelte ordinamentali come la revisione costituzionale: sarà quindi un importante elemento di garanzia di sistema. Sulle leggi ordinarie di applicazione del programma potrà in teoria prescindere dagli emendamenti del Senato ma, come accade per il rinvio presidenziale delle leggi, pur non obbligato, sarà incentivato a prendere sul serio i rilievi perché si risparmierà impugnative davanti alla Corte. Non a caso queste sono le regole standard praticate nei bicameralismi europei.

A proposito del Titolo V: molte materie passerebbero alla competenza esclusiva dello Stato ma su alcune la definizione dei ruoli non è nettissima. Penso alla sanità: le Regioni hanno in capo l’organizzazione dei servizi, uno dei punti dove maggiormente è tangibile, ad esempio, la diseguaglianza tra Nord e Sud nell’accesso ai servizi. Come valutiamo la riforma dal punto di vista dell’autonomia delle Regioni?
Nessun elenco di materie legislative di Stato e Regioni: anche il più preciso non è del tutto risolutivo perché le leggi nascono da problemi e i problemi attraversano materie diverse. Ciò che è risolutivo è che i legislatori regionali abbiano i tre quarti dei seggi ai Senato, perché il confine che non si può creare con gli elenchi si crea nel dialogo tra Camera e Senato

Il referendum abrogativo prevederà un quorum ridotto mentre per proporre leggi di iniziativa popolare le firme necessarie saranno triplicate, da 50 a 150mila. Da una parte sarà più facile dire “no”, ma dall’altra non si rischia di scoraggiare l’interesse per la politica?
Oggi con 50mila firme si consegna la proposta e finisce negli scantinati delle Camere. Domani ci vorranno 150mila firma ma ci sarà un vincolo del Parlamento che dovrà votare: meno proposte ma più impegnative. È la stessa logica del referendum: se raccogli 500mila firme rimane tutto come oggi; se invece arrivi a 800mila hai un quorum scontato alla metà più uno dei votanti alle politiche. Gli strumenti si usano in modo più ponderato, deflazionato e a quel punto ci sono regole che li rendono più efficaci.

Qualcuno, a proposito dello scenario prospettato da questa Riforma, parla di “strapotere” del governo (penso al commissariamento degli enti locali e alla cosiddetta “clausola di supremazia” rispetto alle materie di competenza regionale. Potrebbe essere così?
Oggi la supremazia si usa di fatto, specialmente con misure molto invasive di “coordinamento della finanza pubblica” con cui si fa più o meno tutto di nascosto: domani invece sarebbe tutto più trasparente e responsabile, con un voto obbligatorio del Senato superabile solo a maggioranza assoluta della Camera, ossia con la compattezza esplicita di tutta la maggioranza.

Soppressione del Cnel: cosa ne pensa?
Che era indifendibile. Le parti sociali non si sentivano rappresentate da chi mandavano al Cnel.

Riassumendo: quali sono i lati positivi della riforma Boschi? Quali invece le criticità e i rischi? Riusciamo a dare un voto?
I lati positivi sono che non rischiamo più paralisi per le maggioranze diverse tra Camera e Senato, che il nuovo Senato regionalizzato ridurrà sensibilmente il conflitto tra Stato e Regioni (al loro conflitto si sostituisce il dialogo tra le Camere), che si ricorrerà a uno strumento fisiologico, i disegni di legge a data certa, anziché ad uno strumento patologico, i decreti legge eterogenei. L’unica vera criticità è il quorum troppo alto per l’elezione del Presidente della Repubblica. Voto: 9.

Perché un elettore dovrebbe votare sì?
Perché altrimenti paghiamo un prezzo miliardario per i conflitti Stato-Regioni e torniamo a rischiare una paralisi a causa di maggioranze diverse come all’inizio del 2013, quando non si riusciva né a formare un governo né a eleggere un presidente.

21 ottobre 2016