Verso il referendum/1. Marco Olivetti: Costituzione, serve manutenzione straordinaria

Il professore ordinario di Diritto costituzionale alla Lumsa: «Questa riforma rappresenta un grande risultato del governo». La votazione: sufficiente

Il professore ordinario di Diritto costituzionale alla Lumsa: «Questa riforma rappresenta un grande risultato del governo». La votazione: sufficiente

Marco Olivetti, professore ordinario di Diritto costituzionale nel Dipartimento di Scienze economiche, politiche e lingue moderne della Lumsa di Roma, interviene nel dibattito verso la consultazione referendaria del 4 dicembre. E illustra le ragioni del “sì” alla riforma della carta costituzionale.

Qual è lo stato di salute della nostra Costituzione? Porta ancora bene gli anni che ha o le occorre un restyling?
É ancora valida come atto fondativo della nostra Repubblica e per i grandi principi cui si ispira. Per molti aspetti tecnici o per il funzionamento di alcune istituzioni richiede invece una manutenzione straordinaria. Credo che troppe riforme siano state rimandate per troppo tempo.

 Obiettivo della riforma è il superamento del bicameralismo perfetto: il Senato “ridotto” farà risparmiare lo Stato e dovrebbe fungere da raccordo con Regioni e Comuni. Potrà proporre leggi ed emendamenti ma la Camera non avrà l’obbligo di prendere in considerazioni i suoi rilievi. Di fatto sarà un organo “svuotato” per alcuni aspetti ma per alcuni tipi di legge dovrà votare paritariamente insieme alla Camera. Funzionerà meglio?
Abbiamo attualmente un bicameralismo-fotocopia, con entrambe le Camere elette a suffragio universale che fanno le stesse cose. Il nostro è l’unico sistema al mondo in cui il governo deve avere la fiducia anche del Senato mentre in gran parte dei paesi dell’Unione Europea, anche quelli con due Camere, basta la fiducia di una sola. Tuttavia la soluzione migliore non è detto sia il monocameralismo ma un Senato diverso: una “seconda occhiata sulle leggi” può essere utile e un Senato composto, come previsto dalla riforma, di rappresentanti delle autonomie territoriali porterebbe il punto di vista del sistema della autonomie nella formazione delle leggi. È vero che esistono altri sistemi di raccordo – penso alla Conferenza Stato-Regioni – ma riguardano le funzioni amministrative, invece così protagonista sarebbe la formazione delle leggi.

A proposito del Titolo V: molte materie passerebbero alla competenza esclusiva dello Stato ma su alcune la definizione dei ruoli non è nettissima. Penso alla sanità: le Regioni hanno in capo l’organizzazione dei servizi, uno dei punti dove maggiormente è tangibile, ad esempio, la diseguaglianza tra nord e sud nell’accesso ai servizi. Come valutiamo la riforma dal punto di vista dell’autonomia delle Regioni?
È evidente che il regionalismo spinto del 2001 aveva generato grandi speranze e non ha funzionato. Ma questa è la parte della riforma che mi entusiasma di meno, anche perché troppe materie passerebbero alla competenza legislativa centrale. In riferimento alla questione sanità, prima c’era una competenza concorrente, ora cambia formula: lo Stato fa disposizioni generali e comuni, però potrà intervenire maggiormente dal punto di vista legislativo.

Se la riforma dovesse passare, il referendum abrogativo prevederà un quorum ridotto mentre per proporre leggi di iniziativa popolare le firme necessarie saranno triplicate, da 50 a 150mila…non è un po’ troppo?
In merito al referendum abrogativo, il cambiamento diventerebbe operativo dopo la riforma. Il quorum serve, altrimenti una piccola minoranza iperattiva potrebbe imporre decisioni a tutto il Paese. La riduzione mi pare bilanciata dal momento che le firme per la richiesta di referendum saliranno da 500mila a 800mila. A proposito delle firme necessarie per le leggi di iniziativa popolare, occorre valutare che rispetto al ’45 l’elettorato è aumentato, dunque è giustificato richiedere 150 mila firme invece di 50 mila. E comunque con la riforma la Camera dovrà obbligatoriamente pronunciarsi sulle leggi proposte dai cittadini, mentre attualmente può ignorare le proposte.

Qualcuno, a proposito dello scenario prospettato da questa riforma, parla di “strapotere” del governo: penso al commissariamento degli enti locali e alla cosiddetta “clausola di supremazia” rispetto alle materie di competenza regionale. Potrebbe essere così?
«Sulla clausola di supremazia ho qualche riserva. Se usata in casi eccezionali va bene, altrimenti svuoterebbe quel che resta dell’autonomia regionale. Tuttavia va notato che già ora la Corte costituzionale consente allo Stato di intervenire nelle competenze regionali. Più in generale, è evidente che il titolo V del 2001 non esiste più e, se misurati rispetto alla prassi del post crisi economica del 2010, tutti gli argini degli interventi statali sono stati già stravolti».

Soppressione del Cnel: cosa ne pensa?
Nessuno lo rimpiangerà, anche se dietro il Cnel c’erano cose importanti. Era la traduzione povera di un’idea grande: dare voce e volto istituzionale ai corpi intermedi. Non avremo nessuna nostalgia del Cnel ma serve qualcosa al suo posto, non necessariamente un organo: basterebbe attenzione da parte delle istituzioni verso la società civile.

Riassumendo: che voto darebbe alla riforma Boschi?
Otto, anzi 9 per il superamento del bicameralismo. Sei sul regionalismo…Comunque una valutazione sufficiente.

Perché un elettore dovrebbe votare si?
Perché la riforma del bicameralismo si discute praticamente dall’entrata in vigore della Costituzione per adeguarci alla media delle istituzioni parlamentari in Europa. Sono convinto che se la riforma non si realizza stavolta avremo sempre il problema del Senato doppione. Questa riforma rappresenta un grande risultato del governo, che è stato in grado di convincere il Senato a ridurre fortemente il proprio potere e a trasformarsi in un’altra cosa. Non dimentichiamo che il Senato aveva potere di veto sulla riforma costituzionale ma ha scelto di non applicarlo e cambiare se stesso: non è poco, e non sappiamo se riaccadrà mai.

14 ottobre 2016