Venezuela, il Papa «si riserva la possibilità» di una mediazione

Il direttore ad interim della Sala stampa vaticana Alessandro Gisotti: «Verificare la volontà di ambedue le parti». Intanto le milizie di Maduro bloccano l’arrivo degli aiuti. I vescovi della Colombia: aprire «canali umanitari»

«Il Santo Padre si è sempre riservato e dunque si riserva la possibilità di verificare la volontà di ambedue le parti accertando se esistano le condizioni per percorrere questa via». Il direttore ad interim della Sala stampa vaticana Alessandro Gisotti ha risposto così questa mattina, giovedì 7 febbraio, alle domande dei giornalisti sulla situazione in Venezuela e su una possibile mediazione da parte del pontefice. In sostanza, si tratta di verificare l’intenzione delle due parti di voler dialogare. «Ho chiesto aiuto a Papa Francesco per trovare la strada del dialogo con l’opposizione», aveva detto soltanto lunedì 4 il presidente venezuelano Nicolas Maduro, raggiunto dai microfoni di Sky Tg24. «Io chiedo a Papa Francesco il suo miglior sforzo, la sua volontà di aiutarci nella strada del dialogo – le parole di Maduro – Speriamo di ricevere una risposta positiva».

Francesco ne aveva parlato con i giornalisti già sul volo di ritorno dagli Emirati Arabi, confessando di non aver ancora letto la missiva inviata dal presidente venezuelano ma rimarcando che è necessario compiere dei gesti «facilitatori» per un avvicinamento. Il primo passo: la richiesta da entrambe le parti. «Vedremo cosa si può fare – aveva assicurato il pontefice -. Ma perché si faccia una mediazione, ci vuole la volontà di ambedue le parti: saranno ambedue le parti a chiederla. Questa è una condizione che li deve fare pensare prima di chiedere una facilitazione o una presenza di un osservatore o una mediazione. Ambedue le parti, sempre».

Intanto però i soldati fedeli al presidente utilizzano camion e container per bloccare l’arrivo di aiuti umanitari nel Paese, in arrivo dalla Colombia. Negli ultimi giorni infatti la città colombiana frontaliera di Cúcuta è stata individuata come la località migliore per convogliare gli aiuti umanitari internazionali, che stanno giungendo sia dagli Usa sia dall’Unione europea. Gli aiuti dovrebbero passare per il nuovo ponte internazionale di Tienditas, pronto da anni ma mai inaugurato. Già da martedì invece, riferiscono fonti locali, l’esercito mette ostacoli davanti al ponte per impedirne l’arrivo.

Dalla Capitale dello stato frontaliero del Táchira, San Cristóbal , parla il vescovo Mario Moronta, invitando ad accogliere gli aiuti umanitari, naturalmente nella speranza che possano arrivare e destinazione. In questi giorni in Ecuador per un ciclo di esercizi spirituali, il presule invita, in un messaggio audio inviato a tutta la diocesi, a «non prestare fede a dicerie e notizie false in relazione agli aiuti umanitari di cui si sta parlando». Questi aiuti, assicura, «quando arriveranno», saranno coordinati dalla Caritas del Venezuela con le Caritas diocesane, «così che non si permetta a persone opportuniste di approfittare della situazione e creare confusione». Il presule chiede quindi di rispettare le indicazioni delle diocesi e delle Caritas, «che sono chiamate a coordinare questa operazione», senza dare eco «a notizie incerte, date via chat».

Vicinanza alla comunità e alla Chiesa del confinante Venezuela arriva proprio dai vescovi della Colombia, in una lettera aperta ai vescovi e al popolo venezuelano, che chiedono «l’apertura di canali umanitari che permettano di portare un concreto aiuto ai bisogni dei nostri fratelli». Nel testo – firmato dal presidente Óscar Urbina Ortega, dal vicepresidente Ricardo Tobón Restrepo e dal segretario generale Elkin Fernando Álvarez Botero – si parla di «somma preoccupazione» per le diverse situazioni che sta passando «la nostra nazione sorella» del Venezuela. «Ci addolorano profondamente la crisi umanitaria e le molte difficoltà che tutti stanno passando, perfino per reperire ciò che è elementare e necessario per la sussistenza, come gli alimenti, le medicine, i servizi pubblici», scrivono.

Tra gli elementi di maggiore preoccupazione, «l’incertezza, la repressione, la violazione dei diritti umani e le ingiustizie che soffrono molti fratelli», soprattutto i più deboli. I vescovi colombiani scrivono quindi di pregare senza sosta «perché si arrivi a una soluzione giusta e pacifica, che permetta di uscire dalla crisi». Da ultimo, ricordando il soccorso e la solidarietà assicurati finora dalla Chiesa colombiana, affermano: «Continueremo ad aiutare per quello che possiamo e a promuovere la cooperazione di altre persone e istituzioni».

7 febbraio 2019