Venezuela ancora al buio: caos negli ospedali

80 i piccoli morti in un reparto neonatale. Il governo Maduro annuncia la decisione di chiudere scuole e uffici. Guaidò decreta lo stato di emergenza nazionale

È ininterrottamente al buio da giovedì 7 marzo, il Venezuela. Un Paese allo stremo, senza acqua, luce, gas, telefono, comunicazioni, con pochissime interruzioni nella Capitale. Su Twitter il senatore repubblicano Marco Rubio diffonde la notizia di 80 bambini morti nel reparto neonatale di un ospedale paralizzato dal blackout. Le notizie arrivano in modo frammentario; quello che è certo è che l’interruzione dei servizi elettrici colpisce un sistema sanitario già al collasso. Ancora su Twitter è il corrispondente della Bbc Gustavo Ocando a parlare di 296 persone morte solo nell’ospedale universitario di Maracaibo – tra cui appunto gli 80 neonati -, la seconda città del Paese e forse la più provata dal blackout. Impossibile per gli ospedali utilizzare i macchinari salvavita. «La mancanza di luce – spiegano fonti vicine alla Conferenza episcopale venezuelana – non permette il funzionamento delle pompe di benzina, mancano alimenti in molti luoghi, si sono già deteriorati tanti cibi che hanno bisogno di essere conservati in frigorifero». Difficile avere numeri certi ma è impossibile escludere scenari drammatici.

Il governo di Maduro ha chiuso per oggi, 11 marzo, le scuole e gli uffici, continuando a parlare di sabotaggio internazionale. Il leader dell’opposizione Juan Guaidò ha diffuso invece nella serata di ieri, ora italiana, un’informativa nella quale annuncia l’intenzione di chiedere lo stato di emergenza. «16 Stati continuano a essere assolutamente senza luce, c’è luce solo parzialmente in 8 Stati – si legge nella nota -. Fino a ieri sera si registravano 17 omicidi nel contesto del blackout, però ci sono informazioni non ufficiali che la cifra potrebbe arrivare a 60 vittime. Per lunedì abbiamo convocato una sessione straordinaria del Parlamento per decretare uno Stato di emergenza nazionale, secondo l’articolo 338 della Costituzione». L’auto proclamato presidente si rivolge quindi direttamente ai venezuelani: «Faccio appello a tutto il popolo del Venezuela, nel mezzo dell’oscurità e disperazione, perché si rialzi». Nel frattempo cresce l’impressione che, approfittando del blackout, il regime stia eseguendo esecuzioni sommarie e regolamenti di conti, come si ricava dalle parole di Guaidò.

Da Ciudad Bolívar nella tarda serata di ieri, 10 marzo, ora italiana, è intervenuto anche l’arcivescovo Ulises Gutiérrez, raggiunto dall’Agenzia Sir. «Nel nostro Stato si genera il 70% dell’elettricità, in questo momento c’è la corrente, che manca invece in gran parte del Paese. Senza elettricità non funziona l’approvvigionamento idrico. La linea telefonica e internet saltano continuamente», è il suo allarme. Il presule denuncia anche la situazione «al collasso» negli ospedali e nei centri di salute: «La mancanza di elettricità ha provocato un vero e proprio caos. Non si sa quanti siano i morti ma si calcola che siano, almeno, oltre duecento.». Riguardo poi all’intenzione di Guaidò di dichiarare l’emergenza nazionale, «sarebbe il passo necessario per chiedere un intervento di carattere umanitario – le parole di Gutiérrez -, che avrebbe però grossi rischi per il Venezuela». Ancora, l’arcivescovo lamenta che in questa situazione arrivino poche informazioni, anche per il controllo del regime: «La televisione, i telegiornali, la stampa, sono tutti censurati. Internet funziona poco ed è sotto controllo».

L’arcivescovo di Ciudad Bolívar, attraverso il suo profilo Twitter, ha aggiunto: «Il blackout nazionale è una piccola prova di che cosa sono capaci di fare questo gruppo di inetti del regime».

11 marzo 2019