Vallini al Divino Amore per affidare a Maria l’eredità del Giubileo

Chiusa dal cardinale la Porta Santa sotto la torre del primo miracolo. «Misericordia non è debolezza ma il segno della bontà di Dio che ci rialza dalle cadute»

Chiusa dal cardinale la Porta Santa sotto la torre del primo miracolo. «Misericordia non è debolezza ma il segno della bontà di Dio che ci rialza dalle cadute»

Sono stati migliaia, nel Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco, i pellegrini che hanno varcato la Porta Santa del Divino Amore, ubicata sotto la storica torre del primo miracolo, e tantissimi erano i fedeli che l’hanno attraversata per l’ultima volta sabato 12 novembre, in occasione del rito di chiusura officiato dal cardinale Agostino Vallini. Il porporato, che aveva presieduto anche il rito di apertura lo scorso gennaio, ha poi celebrato la Messa solenne nel nuovo Santuario. «Nel buio della sera – ha detto Vallini – la Porta di Cristo è illuminata e a proteggerla c’è l’immagine della Madonna. Noi la attraversiamo per giungere all’altare dove fare esperienza della misericordia nell’Eucarestia».

chiusura_divinoamore_2_12nov2016Nel sottolineare come l’Anno Santo sia stato un tempo straordinario di grazia, il vicario del Papa ha voluto fare una sintesi di quanto il Giubileo ha lasciato e insegnato a ciascuno; in primo luogo, ha spiegato, abbiamo imparato che cosa sia la misericordia: «Non è debolezza o fragilità, è invece forza, è il segno della bontà di Dio che ci rialza dalle nostre cadute». È solo in virtù dello sguardo amorevole del Padre che noi siamo salvi e il Vangelo stesso «ci ricorda che tutta la vità di Gesù non è stata che misericordia fino alla croce, quando ha abbracciato il mondo intero» e ha perdonato il buon ladrone. Vallini ha anche ricordato a questo proposito come il Papa, in uno dei primi Angelus del suo pontificato, abbia esortato a «non stancarsi di chiedere perdono».

Un secondo aspetto evidenziato dal cardinale rispetto ai lasciti del Giubileo è la maggiore e migliore conoscenza delle parabole della misericordia dell’evangelista Luca, in particolare quella del Padre misericordioso «che dà un grande insegnamento: Dio è per noi quel padre che riconosce da lontano il figlio, gli corre incontro e non gli fà una lezione sul peccato, nemmeno gli lascia pronunciare tutto l’atto di dolore, ma lo abbraccia e prepara la festa». Spesso, ha evidenziato Vallini, «siamo noi che giudichiamo e condanniamo le miserie altrui mentre Dio non lo fà con noi» e, anzi, ci chiede di «incoraggiare e accompagnare l’altro per far prendere coscienza del male».

chiusura_divinoamore_3_12nov2016Da questo deriva anche il terzo e ultimo insegnamento del Giubileo: «Dobbiamo accrescere il nostro impegno verso le persone sole facendoci prossimo del povero, dell’ultimo», alla luce della parabola del Buon Samaritano. L’anno giubilare, infatti, ci ha spinto a riflettere su chi sia il nostro prossimo, ha sottolineato il cardinale Vallini: «È la persona a cui tu ti fai prossimo come il Buon Samaritano ha fatto».

Quindi il porporato ha affidato l’eredità del Giubileo alla Madonna perchè «ispiri in noi questi buoni propositi, specie quello di non chiudere la porta del nostro cuore a nessuno. Maria – ha continuato – è stata modello in tal senso fin dall’Annunciazione, facendosi serva, poi con la Visitazione, andando incontro ad Elisabetta, e ancora a Cana, con l’intercessione per il primo miracolo; infine, con la vicinanza ai discepoli dopo l’esperienza del Calvario». Il vicario del Papa per la diocesi di Roma, quindi, ha invitato a pregare la Madonna «affinché ci aiuti a rinnovarci perché cominciamo davvero una vita nuova. Solo così sapremo che il Giubileo ha portato frutto».

14 novembre 2016