Usa-Iran, Warda (Erbil): «Temiamo ritorsioni. Speriamo in una visita del Papa»

L’arcivescovo parla alla fondazione Acs: «Questa è la nostra patria e non vogliamo andarcene. Ma siamo un bersaglio facile». Il timore è l’equazione «cristiani uguale Occidente, uguale Stati Uniti»

«Un Iraq senza cristianesimo sarebbe un disastro per tutti». L’arcivescovo caldeo di Erbil Bashar Warda confida alla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) tutta la sua preoccupazione in seguito alle tensioni tra Iran e Stati Uniti. Tensioni che minacciano il delicato equilibrio in cui vive il popolo iracheno, stanco, riferisce il presule, delle sofferenze causate da decenni di guerra e preoccupato per il futuro. «Questa è la nostra patria e non vogliamo andarcene – afferma Warda -. Per sopravvivere e prosperare abbiamo bisogno del sostegno della comunità internazionale».

In questo difficile contesto infatti le minoranze religiose – come cristiani e yazidi – sono ancora più esposte e svantaggiate a causa del mancato riconoscimento dei loro diritti. «Non esiste uguaglianza per i non musulmani che vivono sotto la legge islamica. La tolleranza o l’intolleranza dipendono esclusivamente dai capricci di chiunque sia al potere». Ora, dopo l’uccisione del generale Soleimani da parte degli statunitensi, la comunità cristiana d’Iraq teme fortemente quell’equazione subita ormai da molti anni: cristiani uguale Occidente, uguale Stati Uniti. «Temiamo ritorsioni, specie a causa di un sistema di governo che predica la disuguaglianza e giustifica la persecuzione. Siamo un bersaglio facile ed è molto probabile che chi ci attacca resterà impunito. Agli appartenenti alla maggioranza – prosegue l’arcivescovo – viene insegnato che sono superiori e dunque legalmente autorizzati a considerare gli altri inferiori sulla sola base della loro religione».

Dall’inizio della guerra nel 2003 la comunità cristiana irachena è diminuita del 90% e le attuali tensioni potrebbero portare a un nuovo esodo. «I fedeli hanno già lasciato il Paese in gran numero dopo l’invasione del 2003 e l’arrivo dell’Isis nel 2014. Non c’è da stupirsi se la nostra comunità sta velocemente scomparendo», afferma Warda, chiedendo alla «comunità internazionale di intervenire, usando la propria influenza per calmare le tensioni in atto» tra Iran e Statti Uniti. Nonostante le difficoltà, aggiunge, la Chiesa irachena continua a sperare in una visita di Papa Francesco. «Accadrà sicuramente anche se non so quando. Lascio questo alla preghiera e alla volontà dello Spirito Santo. Confidiamo in Gesù».

10 gennaio 2020