Unione europea, Draghi: «Cambiare rotta, pena una lenta agonia»

Presentato a Bruxelles il “Rapporto sul futuro della competitività europea” dell’ex presidente Bce e del Consiglio dei ministri italiano. «L’Europa è in stallo. Urgenza e concretezza sono le due parole chiave. Questa è una sfida esistenziale»

«L’Europa è in stallo». Non usa mezzi termini Mario Draghi, già presidente Bce oltre che premier italiano, presentando ieri, 9 settembre, ai giornalisti di Bruxelles il suo “Rapporto sul futuro della competitività europea”. Un documento che fa sintesi di oltre un anno di lavoro, “commissionato” dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, che ora passa al vaglio delle istituzioni europee.

Parla di «sfida esistenziale», Draghi, spiegando che la crescita rallenta e che le prospettive sul piano demografico sono tutt’altro che buone. Segnala il ritardo tecnologico dell’industria europea, il ritardo nel digitale da colmare, la scarsa coerenza nella politica energetica. E analizzando il quadro d’insieme dell’Unione, propone 170 azioni percorribili per mantenere l’Europa economica, e sociale, al passo coi tempi, affrontando le pressioni esterne che, si intuisce dal suo discorso, derivano soprattutto dalle due grandi potenze mondiali: Usa e Cina.

Nell’analisi dell’economista, «urgenza e concretezza sono due parole chiave del report. Abbiamo detto tante volte che la crescita stava rallentando nell’Ue, ma lo abbiamo ignorato. Ora non possiamo più ignorarlo perché le condizioni sono cambiate – aggiunge -. Se l’Europa non diventerà più produttiva saremo costretti a scegliere. Non potremo essere allo stesso tempo leader nelle nuove tecnologie, un faro della responsabilità climatica e un attore indipendente sulla scena mondiale. E ancora, «non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale».

Nel colloquio con i giornalisti, Draghi paventa anche la possibilità, per l’Europa, di «una lenta agonia», a meno che non si metta mano a decise riforme, politiche comuni e passi avanti in investimenti, innovazione, decarbonizzazione, equità sociale. Cita le modeste risorse delle famiglie rispetto a quelle statunitensi; si sofferma nuovamente sul calo demografico, prospettando che «nel 2040 avremo 20 milioni di lavoratori in meno. Saremo, eventualmente, una società che si riduce. Forse, in questo senso, non percepiamo la gravità della situazione».

Poco prima aveva ricordato che «i valori fondamentali dell’Europa sono prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile. L’Unione europea esiste per garantire che gli europei possano sempre beneficiare di questi diritti fondamentali. Se l’Europa non sarà più in grado di fornirli ai cittadini, avrà perso la sua ragion d’essere. L’unico modo per affrontare questa sfida è crescere e diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale», è l’indicazione di rotta. Occorre insomma che «l’Europa cambi radicalmente».

Tre, in particolare, le direttrici contenute nel Rapporto: «Accelerare l’innovazione e trovare nuovi motori di crescita; ridurre i prezzi dell’energia continuando a decarbonizzare e passare a un’economia circolare; reagire a un mondo di geopolitica meno stabile, in cui le dipendenze stanno diventando vulnerabili e non si può più fare affidamento sugli altri per la sua sicurezza». Per Draghi, «non riconoscere la crisi» che l’Europa sta attraversando «sarebbe un errore». In questo senso, dal documento presentato ai giornalisti arrivano proposte «attuabili subito».

Tra i temi rilanciati dall’economista, lavoro, equità, condizione delle famiglie e demografia. In particolare, si è soffermato sul «processo decisionale» dell’Ue, uno degli aspetti toccati nel Rapporto, suggerendo «un uso più esteso, se non generalizzato, del principio di maggioranza qualificata». Per alcune riforme e decisioni «così importanti per il futuro dell’Unione europea e per i suoi singoli Stati membri», aggiunge, «si potrebbe andare avanti in una coalizione di volenterosi, come qualcuno diceva qualche anno fa in un contesto diverso». La strada indicata è quella delle «cooperazioni rafforzate», oppure la possibilità di arrivare a scelte importanti «anche tramite trattati intergovernativi». Queste perché «l’urgenza c’è» ed è «una sfida sacra».

Ancora, per l’ex presidente Bce va tenuta in considerazione anche la possibilità di fare debito comune per recuperare ingenti risorse per gli investimenti, che valuta della portata di 750-800 miliardi di euro.

10 settembre 2024