Unicef: in Siria 70mila minori sfollati

Molti hanno cercato rifugio da parenti, amici e comunità ospitanti. Identificati a oggi 33 rifugi collettivi. L’appello: «Non attaccate i civili e proteggete i bambini»

Le notizie arrivano attraverso la portavoce Unicef al Palazzo delle Nazioni di Ginevra Marixie Mercado. Stando ai dati dell’organizzazione Onu, «dei circa 70mila bambini sfollati a causa dell’escalation delle ostilità di circa una settimana fa in Siria nordorientale, molti hanno cercato rifugio da parenti, amici e comunità ospitanti. Ad ora – riferisce Mercado -, sono stati identificati 33 rifugi collettivi, la maggior parte scuole ed edifici in costruzione, nelle città di Hasakeh, Raqqa e Tal Tame, che stanno ospitando circa 3.400 persone, ma, visto che la maggior parte non rimane a lungo, il numero fluttua rapidamente». L’Unicef da parte sua è impegnata a fornire «assistenza d’emergenza» alle famiglie «quando queste arrivano ai rifugi».

La portavoce Unicef informa che il 13 ottobre sono arrivate notizie di bombardamenti vicino al campo Ein Issa, che ospita circa 13mila sfollati interni, fra cui circa 8mila bambini. «Un numero non specificato di persone potrebbe essere fuggito dal campo. 27 bambini non accompagnati fra i 2 e i 14 anni, fra cui 24 stranieri, sono stati evacuati in sicurezza dalla città Ar-Raqqa», aggiunge. Un team medico mobile dell’Unicef li ha visitati ieri, 15 ottobre. «L’11 ottobre circa 5mila persone, fra cui circa 3.100 bambini, hanno cominciato ad evacuare dal campo di Mabruka per preoccupazioni di sicurezza. Il 13 ottobre, c’erano circa 15 famiglie, la maggior parte donne e bambini, che non hanno potuto lasciare il campo in sicurezza». Ancora, nel campo di Al-Hol, che ospita circa 64mila bambini e donne, l’Unicef e i suoi partner continuano gli sforzi per portare l’acqua, circa 300 m3 al giorno. Nonostante l’accesso limitato per la situazione in evoluzione, «i partner dell’Unicef per la salute e la nutrizione ad Al-Hol sono riusciti a raggiungere donne e bambini in due sezioni del campo con servizi per la salute e la nutrizione».

Attraverso il comunicato diffuso dalla portavoce, l’Unicef conferma «la morte di almeno 4 bambini e il ferimento di altri 9 in Siria nordorientale. Secondo alcune notizie, sarebbero anche stati uccisi 7 bambini in Turchia. 170mila bambini potrebbero richiedere assistenza umanitaria a causa delle violenze». Almeno una scuola a Tal Abiad è stata attaccata. A Ras Al-Ain le scuole, le cliniche e i mercati sono chiusi dal 9 ottobre. Nella città di Tal Abiad, l’acqua e l’elettricità rimangono indisponibili e l’ospedale nazionale è chiuso dall’11 ottobre. «I nostri partner a Ras al-Ain e Tal Abiad – conferma Mercado – hanno dovuto fermare la maggior parte del loro lavoro, visto che molti del loro staff e volontari sono fra la popolazione sfollata».

Nel frattempo, resta fuori servizio la stazione idrica di Alouk, che porta acqua a 400mila persone ad Al Hasakeh. «I team tecnici hanno potuto esaminare la stazione idrica e fare alcune riparazioni ma i danni alle linee elettriche potrebbero non essere immediatamente riparabili – le parole della portavoce Unicef -. Una fornitura d’acqua alternativa, proveniente dalla stazione di pompaggio idrico di Al Himme, può soddisfare solo il 30% dei bisogni ad Al Hasakeh, le persone attualmente stanno utilizzando pozzi poco profondi ma quest’acqua non e’ sicura, quindi è fondamentale che la stazione di pompaggio dell’acqua di Alouk torni in servizio. L’Unicef – afferma – fornirà il carburante per i generatori d’emergenza, e stiamo trasportando acqua agli accampamenti con persone sfollate».

In questo clima di violenza che pare destinata ad aumentare, arriva l’invito dell’organizzazione delle Nazioni unite a tutte le parti in conflitto e a quanti esercitano influenza su di loro a «proteggere i bambini sempre. Coloro che combattono in Siria nordorientale e nel resto del Paese devono proteggere le infrastrutture civili e non usarle a scopi militari». In concreto, durante l’offensiva o la difesa tutte le parti dovrebbero agire per «evitare di attaccare aree in cui si potrebbero trovare civili, inclusi i bambini; prevenire la separazione dei bambini da coloro che se ne prendono cura; permettere un accesso senza ostacoli alle organizzazioni umanitarie indipendenti per portare assistenza salvavita ai bambini e alle famiglie colpite dal conflitto». Non solo: di fronte al deteriorarsi della situazione, «l’Unicef chiede agli stati membri di rimpatriare i loro cittadini, inclusi i bambini, il più presto possibile, in modo che possano essere protetti dal pericolo».

16 ottobre 2019