Unicef: a livello globale, “lavora” 1 bambino su 10

In Africa il dato sale a 1 su 5. L’indicazione: «Rafforzare iniziative per i genitori e risposta a pericolose norme sociali che perpetuano lo sfruttamento»

In vista della Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile, che si celebra domani, 12 giugno, dall’Unicef ricordano che «a livello globale, quasi 1 bambino su 10 è vittima di lavoro minorile, numero che aumenta a circa 1 su 5 in Africa». Nei Paesi colpiti da conflitti armati poi – «dove vivono circa 250 milioni di bambini» – l’incidenza del lavoro minorile è «più alta del 77% rispetto alla media globale» mentre «la percentuale di lavori pericolosi è maggiore del 50%. Nelle sue forme peggiori, il lavoro minorile può tramutarsi in schiavitù, sfruttamento sessuale ed economico, e morte».

Per il presidente di Unicef Italia Francesco Samengo «il lavoro minorile è sia causa si conseguenza della povertà: rinforza le disuguaglianze sociali e la discriminazione, priva i bambini di un futuro prospero e mina al benessere sia dello Stato sia dell’individuo. È stato dimostrato – spiega Samengo – che il lavoro minorile compromette direttamente l’istruzione, la salute, compresi i progressi contro l’Hiv/Aids, e di conseguenza ostacola le capacità dei bambini e delle famiglie di trarre beneficio da opportunità di sviluppo sociale ed economico». Oltretutto, stando ai dati Unicef, tra il 2008 e il 2012 «il lavoro minorile è diminuito di solo l’1% e i progressi nella riduzione del lavoro delle ragazze sono stati il 50% in meno di quelli per i ragazzi. Ai tassi attuali di progresso, 121 milioni di bambini saranno ancora vittime di lavoro minorile nel 2025, 52 milioni in lavori pericolosi».

Diversi i settori che vedono i più piccoli coinvolti nel lavoro, dall’agricoltura alla manifattura, passando per il lavoro nelle miniere e nelle cave e i lavori domestici. Spesso questi lavori si nascondono alla vista. È il caso dei 15,5 milioni di bambini che svolgono lavori domestici nel mondo – ragazze, per lo più -, che «sono raramente visibili ma affrontano molti pericoli». Oltre a interferire con l’istruzione, rimarcano dall’organizzazione delle Nazioni Unite, il lavoro minorile «è pericoloso per lo sviluppo fisico, mentale, sociale e/o morale di un bambino». Di qui la scelta di promuovere un approccio integrato per il contrasto al fenomeno, a cominciare dal «rafforzamento di iniziative per i genitori e dalla risposta alle pericolose norme sociali che perpetuano il lavoro minorile, in aggiunta a un rafforzamento del supporto legale e sociale e dei meccanismi di segnalazione per arginarlo». Tramite questi sistemi si cerca di «aumentare l’accesso a istruzione di qualità e rafforzare le strategie di riduzione della povertà».

L’Unicef collabora a stretto contatto con i governi nazionali e locali «per supportare lo sviluppo e l’implementazione di strategie per rispondere al lavoro minorile». Per esempio, «in India, 12 Stati hanno sviluppato un piano d’azione contro il lavoro minorile e 8 hanno aumentato i loro programmi per prevenire e porre fine a questa pratica, con il supporto dell’Unicef».

Una problematica, quella dello sfruttamento del lavoro minorile, che a volte si intreccia anche con questioni di genere. «In quasi tutte le regioni i bambini e le bambine hanno le stesse probabilità di essere coinvolti in lavoro minorile, ad eccezione dell’America Latina e dei Caraibi dove i ragazzi hanno maggiori probabilità rispetto alle ragazze di svolgere un lavoro: 13% dei ragazzi contro l’8% delle ragazze», è la denuncia dell’Unicef. «In Africa Centrale e Occidentale per entrambi la percentuale si attesta attorno al 32%; in Africa Subsahariana il 30% dei ragazzi è coinvolto in lavoro minorile, rispetto al 29% delle ragazze; in Africa Meridionale e Orientale il 27% dei ragazzi contro il 24% delle ragazze mentre in Medio Oriente e in Nord Africa i ragazzi sono l’8% rispetto al 6% delle ragazze». Delle disparità di genere si registrano tuttavia nei tipi di attività svolte: le ragazze hanno probabilità molto maggiori di essere coinvolte in lavori domestici.

Per tutti, bambini e bambine, l’Unicef chiede delle azioni concrete per eliminare il lavoro minorile. Primo: «Rendere i bambini visibili. I governi devono investire nella raccolta di dati nuovi e migliori sul lavoro minorile». Quindi, «includere i bambini lavoratori nelle iniziative e nei programmi di protezione sociale; cambiare le norme sociali e permettere l’empowerment delle comunità; rendere l’istruzione accessibile e maggiormente pronta a rispondere ai bisogni dei bambini lavoratori».

11 giugno 2019