Una serata nel nome di don Oreste Benzi

Il 22 luglio appuntamento online dedicato al fondatore della Papa Giovanni XXIII. Il Premio a lui intitolato assegnato a Margaret Archer e Filippo Diaco

Immagini e parole, per raccontare don Oreste Benzi e il suo carisma rivoluzionario, che ancora oggi continua a cambiare la storia. Giovedì 22 luglio alle 21, appuntamento online con “Ricordi don Oreste Benzi?”: una serata dedicata al fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, con il conferimento del Premio a lui intitolato, alla seconda edizione. «Poteva capitare di vederlo camminare per le strade, la notte, con un mucchio di rosari in mano, oppure alla stazione dei treni a incontrare gli abitanti invisibili delle sale d’attesa, barboni, zingari, alcolizzati – ricordano dalla Comunità -. O ancora davanti agli ospedali in preghiera e un momento dopo nelle piazze a manifestare. Là, dove c’era un’umanità ferita lui arrivava, con il suo carico di speranza, con una fiducia imperturbabile nell’uomo e in Dio».

Di questa speranza risuona l’eco nel Premio “Don Oreste Benzi dalla parte degli ultimi”, dedicato quest’anno al tema della liberazione delle donne vittime di tratta e sfruttamento sessuale. A riceverlo, nella serata del 22 luglio, saranno Margaret Archer, già presidente della Pontificia Accademia delle scienze sociali, e Filippo Diaco, vice presidente delle Acli di Bologna, vincitori ex aequo. «Un uomo e una donna, quasi a mostrare che questa battaglia di “genere” può essere vinta solo con una alleanza tra “generi”: uomini e donne di buona volontà», si legge nella nota diffusa dalla Papa Giovanni XXIII. Interverranno Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Fondazione Don Oreste Benzi e della Comunità Papa Giovanni XXIII, e Monica Zanni, vice presidente della Comunità. Conduce Emanuela Frisoni.

«Il male va tolto, non regolato, e la prostituzione è un male». Don Benzi aveva le idee chiare: idee che nascevano dall’aver visto da vicino le sofferenze che si nascondono dietro all’industria della prostituzione. La battaglia contro la prostituzione, ricordano dalla Papa Giovanni XIII, «è stata una delle ultime combattute dal sacerdote dalla tonaca lisa. Certamente quella che lo fece conoscere al grande pubblico. Don Benzi svelò lo schiavismo che si celava dietro, lo sfruttamento, il dolore e la sofferenza». Fu anche grazie a lui che nel 1996 si celebrò a Rimini il primo processo per riduzione alla schiavitù, con una serie di ragazze nigeriane che testimoniarono, a fianco dello stesso don Benzi, facendo arrestare 120 sfruttatori. Una battaglia, questa, che gli costò anche minacce di morte. Nel 1998  poi riuscì ad ottenere il riconoscimento dello status per la protezione di vittime di tratta, formalizzato nell’articolo 18 della legge 286 del 1998. «Una legislazione d’avanguardia che fu in seguito adottata dalle Nazioni Unite, nel cosiddetto Protocollo di Palermo, e promossa in tutto il mondo come la miglior pratica contro la tratta di persone».

Nei suoi numerosi incontri lungo la penisola, «don Oreste faceva parlare sempre qualche giovane ragazza strappata dalle mani di trafficanti e clienti. Testimonianze preziose – spiegano dalla Comunità – che, per la prima volta, aprirono gli occhi delle persone. La prostituzione non era più una questione di morale pubblica, bensì una nuova schiavitù». La fama della battaglia di don Oreste scavalcò i confini italiani il 24 maggio 2000, quando il sacerdote accompagnò Anna, ex prostituta malata di Aids, al cospetto di Giovanni Paolo II. «”Papà libera le bambine”, disse al pontefice la donna che morì pochi mesi dopo. L’immagine di Wojtyla con l’ex prostituta fece il giro del mondo divenendo una delle foto simbolo dell’Anno Santo», concludono.

20 luglio 2021