Una scuola che funzioni? Classi con quindici alunni

La questione del numero degli studenti è fondamentale per fare bene. Sarebbe la “madre di tutte le riforme” per un investimento serio sul futuro

Da tre anni ho due classi dello stesso anno di corso, nelle quali insegno la stessa materia. Sono due classi nelle quali mi trovo bene e sostanzialmente di pari livello. Ma c’è una differenza importante tra le due, sulle cui implicazioni, ora che sono passati tre anni insieme, posso dare conto a ragion veduta: in una classe ci sono quindici alunni, nell’altra venticinque. Come ogni anno, arrivato a maggio, inizio a rimettere insieme i pezzi di quanto ho fatto, riguardo tutte le valutazioni, i lavori portati a termine, le attività di supporto, i progetti completati. Ma proprio come ogni anno, mi ritrovo a constatare che il percorso della classe meno numerosa è stato più compiuto, che l’attenzione che sono riuscito a prestare a ogni singola alunna e alunno, a tutti i livelli, da quello umano a quello disciplinare, è stata migliore, che tutto quello che abbiamo fatto, finanche il programma, sì, il benedetto programma, al netto di tutti gli sforzi possibili, nella classe con meno alunni è stato più completo rispetto alla classe più numerosa.

 Eppure, e lo dico davvero nella massima onestà, mi rendo conto come l’impegno e le ore di lavoro impiegate siano state distribuite maggiormente sulla classe più numerosa, uno sforzo voluto e ben presente nei mesi, così come negli anni precedenti. Fatto sta che di nuovo, a maggio, mi ritrovo a constatare nell’onestà che il raccolto è stato differente e che la classe meno numerosa, per il terzo anno consecutivo, è andata avanti più agevolmente. Per una specie di autocensura che io, magari a torto, mi sono posto, ovvero sentire come tanto scontate certe evidenze da ridurle al silenzio, mi verrebbe da dire che il perché di quanto sopra sia talmente banale da non meritare argomentazioni.

Del resto, e lo dico senza retorica, mi bastarono i primi due mesi da insegnante, diciotto anni fa, per postulare per conto mio la madre di tutte le riforme: volete davvero la buona scuola, una scuola che funzioni? Classi a quindici alunni, massimo. Corollario: il miglior docente con trenta alunni al meglio fa ordine pubblico, il peggior docente con quindici alunni ha più probabilità di fare scuola rispetto al primo. Si immaginino poi le situazioni intermedie, che non è difficile.  Mi ritrovo a fare questo discorso, un po’ nello sfinimento, perché poi se la scuola interessasse davvero, e un po’ meno le elucubrazioni, le questioni strategiche non sarebbero difficili da individuare. Io so, e sì, lo dico senza ombra di dubbio per l’esperienza sul campo, io so che la questione del numero degli studenti per classe ha a che fare con la possibilità reale o meno di fare bene scuola. Al di là dell’emergenza sanitaria, al di là di piani estivi o meno, al di là di classifiche e computazioni, chi sta a scuola sa perfettamente cosa si giochi in tale equilibrio numerico: il rispetto dovuto a ogni singolo ragazzo e ragazza, la possibilità data loro di formarsi al meglio, l’occasione di un investimento serio di tutta la società su un futuro che è di tutti.

20 maggio 2021