Dal pop un grido verso l’alto: preghiera in Do maggiore

Il grido di “Prayer in C”, che sale dal pop, ha spopolato nelle classifiche europee e sul web grazie a Lilly Wood and the Prick. La canzone pone domande a modo loro supreme

Uno dei più rappresentativi, penetranti e convincenti mezzi di comunicazione giovanile si chiama (non è una novità) Mtv. Una volta “musictelevison” era solo un canale televisivo; oggi è un marchio invasivo e modaiolo, sono non più uno, bensì tanti canali che generano in tutto il mondo milioni di telespettatori, offrendo del vasto mondo musicale una immagine giovanilistica e guidata dall’eterno divertimento, impalpabile e sostanzialmente futile. Il mix di Mtv più programmazione radiofonica, genera gusti, ascolti, successi, almeno tra i giovanissimi.

L’uso marcato dei social network fa il resto: vedi un video in tivù oppure online, lo condividi, lo diffondi, cerchia dopo cerchia e l’affare è fatto. Oggi il successo non si quantifica più in milioni di dischi venduti, bensì in visualizzazioni. Un esempio? Una pseudo-cantante chiamata Nicky Minaj, sforna una pseudo-canzone denominata Anaconda, nella quale il soggetto-oggetto del desiderio, il deretano della stessa, è l’unico contenuto melodico-visivo del prodotto. Risultato: 247milioni di visualizzazioni. Su questo si costruisce il mercato, la fama, il successo (tanto per intenderci: il singolo più venduto di tutti i tempi, I will always love you, cantata da Whitney Houston, ha raggiunto 107milioni di visualizzazioni).

Per interesse musicale, oppure curiosità antropologica, se un ascoltatore (oppure – ripeto – anche solo un curioso) oggi va a vedere la “hit parade di Mtv” trova un bel compendio di nomi e canzoni che vanno bene in tivù come alla radio, e che vanno dai Saint Motel a Enrique Iglesias, dai Subsonica a Valerio Scanu, da David Guetta a Kiesza. Non necessariamente canzoni che rimarranno nel tempo, ma aspetti della nostra contemporaneità, esattamente come i film di vampiri teenagers o le puntate di X-Factor.

Ebbene: in tutte le classifiche europee d’estate (ed anche di questo tiepido autunno) ha spopolato una canzone, Prayer in C, del duo francese Lilly Wood and the Prick. I due in questione sono la cantante israeliana Nili Hadida e il chitarrista francese Benjamin Cotto, formazione di nicchia che la furbizia di un deejay ha trasformato in fenomeno planetario (quasi 50milioni di visualizzazioni online).

Nell’immenso mare di banalità lessicali e sentimentali che dominano le classifiche e le programmazioni, questa Prayer in C (potremmo tradurla come Preghiera in do maggiore) è una canzone che dice cose tremendamente attuali. Non troppo velato, lancia un messaggio a chi, dall’alto dei cieli, dovrebbe guardare, proteggere, guidare, rinnovare. E invece, secondo la canzone, pare proprio non se ne curi….

Tu non dicesti mai una parola

Tu non mi inviasti mai una lettera

Non credere che potrei mai perdonarti

Vedi, il nostro mondo lentamente sta morendo

Non intendo sprecare più il mio tempo

Non credere che potrei più crederti

Le nostre mani avranno più rughe

I nostri capelli saranno grigi

Tu non credere che potrei mai perdonarti

Vedi, i bambini sono affamati

E le loro case distrutte

Non credere che potranno perdonarti

In mancanza di canzoni “importanti” da parte di “musicisti importanti” (e poi: chissà mai chi sarebbero oggi questi “importanti”….), una canzone come questa fa impressione. Musichetta e melodia semplice e accattivante, narrazione video in perfetto alternative-style, messaggio chiaro: Dio, sei ci sei, fatti l’esame di coscienza:

Hey, quando i mari ricopriranno le terre

e quando uomini non ce ne siano più

Non credere che potrai perdonartelo..

Ci si potrebbe attendere un grido di senso da gente che fa rock, oppure da coloro che imbandiscono gli ultimi piatti della canzone d’autore. Purtroppo non c’è tantissimo da quelle parti. O meglio: dalle parti della “canzone importante” non c’è nessuno che riesca ad arrivare ai vertici delle classifiche. È allora il pop che – chissà come e chissà perché – tira fuori le cose più colpiscono e che arrivano in alto. Lo avevano fatto, ad esempio, nel 2003 i Black Eyed Peas con Where is the love?, un successo planetario imponente:

La gente uccide

La gente muore

I bambini soffrono e li senti piangere

Padre, padre, padre, aiutaci

Mandaci una guida dall’alto

 

Il pop è forse l’unico ambiente in cui ogni tanto si possono dire cose che fuoriescono dalla banalità noiosa? Chissà… Lascia intanto un po’ straniti, colpiti e interdetti, il video grezzo e finto minimal che accompagna Prayer in C. Nelle immagini giovani “alternativi” (che poi sono quelli oggi più di moda e quindi – in quanto tali – alternativi a cosa? Ma soprassediamo….) si rincorrono per la città. La canzone pone domande a modo loro supreme, mentre tutto futilmente corre intorno, tra facce dipinte, occhi e sorrisi simpatico-dispersi. C’è forse una disperazione che serpeggia qua è la e che forse varrebbe la pena riconoscere anche dietro la gaiezza dei modi?

Nel frattempo, dice la canzone, tu che sei “dio”, che stai facendo? Ci vedi mentre ci divertiamo, amiamo, ci ubriachiamo, ci isoliamo, ci perdiamo, ci sosteniamo come possiamo. Sembra che a Lui, divinità ignota che si è detto una volta dio-fatto-uomo, Lilly manda a dire:

Quando i mari copriranno le terre

Quando non ci saranno più uomini

Non credere che potrai perdonartelo

Quando ci sarà solo il silenzio

E la vita sarà finita

Non credere che potrai perdonartelo a te stesso

Se Dio si disinteressa dell’uomo, se è morta la speranza, in cosa vale la pena investire il proprio tempo? In testa alle classifiche c’è una canzone che parla di responsabilità divina, chiamata in causa da parte degli uomini, dei giovani. Canzoni così raccontano un mondo. Parlano di oggi. Lo illustrano nei suoi meandri.

 

13 ottobre 2014