“Una luce contro la tratta” ai Santi Apostoli

Venerdì 6 febbraio la veglia di preghiera promossa da Talitha Kum, Usmi e Comunità Papa Giovanni XXIII. In Italia si parla di 100mila prostitute

Venerdì 6 febbraio la veglia di preghiera promossa da Talitha Kum, Usmi e Comunità Papa Giovanni XXIII. In Italia si parla di 100mila prostitute

«Accendere una luce e farlo insieme ha una forza dirompente. La luce illumina. E se illumina la persona, messa al centro, nessuno ha più diritto né di comprare né di vendere». Suor Gabriella Bottani, missionaria comboniana per anni in prima linea in Brasile e coordinatrice di Talitha Kum, presenta così la veglia di preghiera contro la tratta promossa insieme all’Usmi e alla Comunità Papa Giovanni XXIII per venerdì 6 febbraio (ore 20.30) nella basilica dei Santi Apostoli. Nel corso di “Accendi una luce contro la tratta” sarà presentata la prima Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta delle persone, che si celebrerà l’8 febbraio, festa di Santa Giuseppina Bakhita, schiava sudanese liberata e divenuta religiosa canossiana beatificata nel 2000. Fiaccole illumineranno la notte e i canti, con la danza della schiavitù e della libertà, faranno da scenario a riflessioni e testimonianze: all’appuntamento parteciperanno i cardinali João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, e il vescovo ausiliare Matteo Zuppi.

«Occorre un momento per vedere questa realtà con un occhio diverso. Samo così di corsa che i problemi non li guardiamo alla loro radice profonda. La tratta è un fenomeno spesso invisibile», evidenzia suor Gabriella, spiegando l’attività di Talitha Kum, una rete nata nel 2009 che coordina in 80 Paesi il lavoro e la presenza di religiose impegnate a combattere una piaga che affligge circa 21 milioni di persone. Sfruttamento sessuale o lavoro forzato, espianto di organi, accattonaggio, servitù domestica, matrimonio obbligato, adozione illegale: la schiavitù ha tanti volti, predilige donne e bambini (nel 60% dei casi) e spesso attraversa il mare. «Tra i profughi i trafficanti nascondono le loro vittime», lancia l’allarme suor Eugenia Bonetti, responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione Superiore maggiori d’Italia. «Le istituzioni facciano la propria parte, noi facciamo la nostra stando accanto a chi soffre per dire “non siete soli, stiamo lottando con voi e per voi, per ridarvi il dono della libertà e della dignità”. Anche a questo servirà la veglia, che si svolgerà in un luogo, la basilica dei Santi Apostoli, dove nel 2000 – racconta – ho assistito al funerale di una ragazza nigeriana morta di Aids che qualche settimana prima, incontrando Giovanni Paolo II, gli aveva gridato: “Salva tutte le minorenni che sono per le strade, loro non devono essere lì”. E lui, con le lacrime agli occhi, aveva risposto con una carezza».

A proposito di prostituzione, «si parla in Italia di 100mila donne tra quelle sulla strada e nelle case chiuse», sottolinea Giovanni Ramonda, responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII: «Saremo alla veglia per gridare che nessuna donna, nessuna, vuole vendersi. Nel 2003 persino il sindaco di Amsterdam ha dichiarato pubblicamente che anche là, dove è regolamentata, la prostituzione è comunque in mano al racket. Bisogna colpire i clienti: soprattutto in alcuni Paesi nordici, come la Svezia, si è agito a livello politico-legislativo in questo senso e il fenomeno è diminuito sia sulla strada che nei locali. In 20 anni, sono passate 7mila ragazze nelle nostre comunità, certune mutilate. Succede quando non si frutta per come è previsto, in altri casi venivano fatte minacce alle famiglie di origine. Secondo uno studio condotto da noi, una donna costretta a vendersi subisce una violenza psicologia pari ai veterani di guerra. Noi vegliamo per gridare di smetterla a chi continua a fabbricare le loro croci».

4 febbraio 2015