Un santo ed una festa per creare comunità: don Aurelio Bacciarini

La storia di un “montanaro svizzero” che scelse come «trappa» la parrocchia di San Giuseppe al Trionfale all’insegna dell’integrazione e delle periferie. Fu la parentesi di una lunga vita di apostolato

Don Aurelio Bacciarini fu il primo parroco di San Giuseppe al Trionfale, una grande e nuova parrocchia istituita nel 1912 in un quartiere che era cresciuto rapidamente e al quale mancava completamente assistenza pastorale. Un prete in uscita, diremmo oggi. L’esperienza romana per don Bacciarini rappresenta una parentesi in una lunga vita di apostolato. Egli, infatti, era un montanaro svizzero nato nel 1873 in una valle del Ticino, a Lavertezze, successore nel 1915 di don Guanella e dal 1917 vescovo di Lugano. La sua esperienza romana, però, è evocativa di una sfida che la Chiesa ha raccolto di tempo in tempo: quella dell’integrazione e delle periferie.

 Don Aurelio si era avvicinato a don Guanella perché voleva vivere a contatto con gli ultimi, in un desiderio di autenticità evangelica da vivere concretamente. Poi nel 1912 volle cercare di vivere altrove la radicalità che cercava. Provò nella Trappa alle Tre Fontane. Ma dopo qualche settimana sentì il richiamo della vita accanto ai poveri e scrisse: «Alla Trappa ho trovato una vita austera e penitente: però – nel complesso – non ci trovai tutte quelle occasioni di sacrificio che vi sono alla Provvidenza: e il rimorso di essere andato alla solitudine quasi a cercarvi i miei commodi fu altro dei motivi che mi persuase al ritorno».

Qualche mese dopo divenne parroco di San Giuseppe. La nuova parrocchia, nata per volere di Pio X e su insistenza di don Guanella, mirava ad assicurare la presenza della Chiesa in una zona molto cresciuta dal punto di vista abitativo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. La zona all’epoca era periferia estrema ed era divenuta un insediamento operaio. Molta manovalanza edile utilizzata per la costruzione di Roma Capitale vi si era stabilita. Nel 1898 era stato aperto il commissariato di Porta Trionfale, e solo nel 1901 fu progettato un mercato da inserire tra due ali di un fabbricato non finito di fronte al tratto iniziale di Via Candia, da cui avrebbe preso vita l’attuale mercato Trionfale.

«La vostra trappa è là, al Quartiere Trionfale»: questo disse a don Aurelio il Papa durante un’udienza privata. E il sacerdote non si risparmiò. Fedele alla visione di don Guanella che a proposito di Roma aveva scritto «I sacerdoti, che di­scendono dalla Chiesa in piazza, trovano di poter guarire molte piaghe sociali», don Aurelio non si chiuse in chiesa, ma uscì a cercare le persone là dove lavoravano e vivevano, avventurandosi tra le baracche, i tuguri. Per ciascuno c’erano conforto, aiuto materiale, e la speranza di migliorare le condizioni di vita.

Le testimonianze dell’epoca così ci narrano la vita del quartiere: «Nemmeno le bestie si permetterebbe di alloggiare in tanto disagio; famiglie numerose che lottano ogni giorno colla fame, serrate in canili dove la più ele­mentare igiene e moralità è bandita e cacciata, nell’ansia quotidiana per l’esi­stenza, sembrerebbero persino far dubitare che anche la Provvidenza abbia chiuso l’occhio sopra di loro. Anzi trovai persino famiglie minacciate di sfratto anche da quei canili perché impossibilitate a pagare anche la mite pigione».

Accanto al quartiere Trionfale si stava sviluppando, inoltre, la zona della Valle dell’Inferno, quella delle fornaci, che don Bacciarini descriveva come ambiente che «si va seminando di capanne e la popolazione aumenta ogni dì più: la distanza e le strade pessime tengono lontana dalla chiesa parrocchiale la quasi totalità di quei poveri fornaciai e contadini». Mentre la chiesa era ancora in costruzione, nel 1911, don Bacciarini iniziò la pratica della festa del quartiere, chiamando tutti ad accostarsi a San Giuseppe, il santo cui la nuova chiesa – anche in onore di Papa Sarto – sarebbe stata dedicata. Quella festa rappresenta una grande occasione. Don Bacciarini, infatti, incontrava una religiosità erede delle campagne di provenienza, che nella grande città rischiava di perdere la propria fede. Oppure i vari gruppi, di provenienze regionali diverse, mantenevano le proprie originalità continuando a manifestare devozione innanzitutto ai santi venerati nelle zone di provenienza.

La festa di San Giuseppe viene inserita in un tessuto di religiosità popolare che si andava disgregando tra devozioni multiple che rappresentavano il bagaglio religioso di gruppi disomogenei giunti nella Capitale da ogni dove. È in quel momento che inizia il processo di radicamento di una festa – quella di San Giuseppe al Trionfale – che nei decenni si è fatta ampiamente popolare, e che a lungo ha rappresentato un momento qualificante della vita e dell’identità del quartiere.

Eretta nel 1912, la nuova parrocchia aveva 20mila abitanti ed un territorio che ne faceva una delle più grandi di Roma. Un anno dopo l’erezione a parrocchia San Giuseppe al Trionfale contava già 10 associazioni. Vi erano coinvolte oltre 150 madri di famiglia ed esisteva una lega di 100 padri cristiani. Col genio pastorale di don Bacciarini si erano gettate le fondamenta di una nuova comunità. E quando tre anni dopo, nel 1915, il terribile terremoto di Avezzano fece migliaia di vittime, la Parrocchia di don Bacciarini si aprì all’accoglienza di decine di piccoli orfani.

 

13 settembre 2018