«Come un gatto in tangenziale», Cortellesi-Albanese coppia contro

Il film si muove con simpatia lungo i binari di una comicità mai scontata o banale, esempio di una commedia che ha imparato a mettere da parte cascami ideologici

La commedia italiana, nel corso di una lunga e nobile storia, ha messo in campo presenze importanti e significative, alcune rimaste a segnare un’epoca, una situazione, a dipingere un costume. Oggi, a provare a scrivere in immagini il nostro confuso e disordinato presente, ecco una nuova “coppia”. In effetti Paola Cortellesi e Antonio Albanese non sono certo esordienti, avendo già in passato lavorato separatamente, con successo (ricordiamo per lei Nessuno mi può giudicare, 2015, per lui Qualunquemente, 2016). Succede però che lo scorso anno hanno interpretato insieme Mamma o papà?, e il successo di pubblico riscontrato li ha convinti della opportunità di riprovarci.

Eccoli così ancora insieme in questo Come un gatto in tangenziale, storia amara e corrosiva, in sala dal 28 dicembre. Tutto parte dall’incontro tra Giovanni, uomo brillante impegnato in una commissione europea che si occupa di integrazione e vive nel centro storico di Roma, e Monica, ex cassiera di supermercato che l’integrazione la sperimenta tutti i giorni, vivendo in un quartiere periferico che pochi conoscono, chiamato Bastogi. Succede che Agnese, la figlia di Giovanni, e Alessio, il figlio di Monica, simpatizzano e avviano una storia d’amore del tutto adolescenziale. Tuttavia la sorpresa per i due adulti è così imprevista da risultare spiazzante e convincerli che quel rapporto deve finire al più presto…

Si comprende ben presto che il vero bersaglio della trama non sono i due ragazzi ma i loro genitori, così scioccati dall’imprevista relazione del tutto innocua da indurli a pensare a reazioni immediate e in grado di indurre i due a desistere. Naturalmente entra in ballo il detto che non c’è niente di peggio che proibire per invitare a proseguire. Così Agnese e Alessio continuano a vedersi, e intanto il problema dai giovani si è trasferito sui “grandi”. Perché quello che Giovanni è e fa tutti i giorni (convegni e tavole rotonde per convincere i partner europei a investire denaro nella riqualificazione delle periferie urbane) si scontra, anzi è del tutto opposto al modo di rapportarsi di Monica sugli stessi argomenti (linguaggio sboccato, abbigliamento trascurato, abitudini di vita superficiali e un po’ provocatorie).

Riccardo Milani, il regista (al suo settimo film, aveva diretto anche il precedente con gli stessi protagonisti), dice a proposito della scelta del copione: «L’idea era stimolare una piccola rifessione su un tema importante ma ridendo, riflettere con il sorriso su alcune contraddizioni che caratterizzano il nostro tempo. Farlo attraverso una storia che prevede molte situazioni ironiche e divertenti è sempre stato l’obiettivo che ci siam dati». Nell’andare avanti la sceneggiatura affonda il coltello sulle acute differenze di classe tra i due, mettendone a fuoco i punti di distacco senza farne oggetto di lotta sociale, e anzi a poco a poco smussando il battibecco, allentando le differenze, e arrivando alla soglia di un possibile incontro.

Quella tra Giovanni e Monica diventa così la cronaca di tante incomprensioni, anche profonde e acute, che possono essere ricomposte solo dando spazio al cuore, alla ragione, alla buona volontà. Il film si muove con simpatia lungo i binari di una comicità mai scontata o banale, esempio di una commedia che ha imparato a mettere da parte cascami ideologici a favore di notazioni umorali, cattive, incisive.

 

8 gennaio 2018