“Un di più di vicinanza”: in ascolto dei malati “invisibili”

Dedicato a chi soffre di fibromialgia il terzo incontro del corso di formazione online dell’Ufficio diocesano per la pastorale sanitaria. Il reumatologo Puccetti: «Possibile un ottimo controllo sintomatologico»

In Italia sono circa 5 milioni le persone affette da malattie reumatiche; di queste, secondo i dati della Società italiana di reumatologia, oltre 2 milioni e mezzo – prevalentemente donne – sono interessate da fibromialgia. Proprio a questi malati è stato dedicato ieri sera, 10 marzo, il terzo incontro del corso di formazione online “Un di più di vicinanza”, curato dall’Ufficio per la pastorale sanitaria del Vicariato per il tempo di Quaresima.

«Questo è un incontro d’amore – ha detto Edith Aldama, referente della nuova area dedicata alle malattie reumatiche che l’Ufficio ha voluto attivare per la vicinanza a chi ne soffre -. È la prima volta che nella nostra diocesi si apre una finestra all’ascolto di queste persone e a nome di tutti noi “malati invisibili” desidero ringraziare». Malata fibromialgica e infermiera, Aldama vive «la difficoltà di noi pazienti reumatici di essere riconosciuti perché spesso ci viene detto che la nostra patologia, altamente invalidante, non esiste ed è solo nella nostra mente», laddove i sintomi della fibromialgia non sono visibili «perché la caratteristica principale è il dolore muscolo scheletrico diffuso, continuo, permanente, che ci accompagna giorno e notte, associato anche a disturbi del sonno, stanchezza cronica, cefalea, vertigini e colon irritabile, ma senza segni clinici evidenti dalle analisi di laboratorio o dagli esami strumentali».

Di come «purtroppo la fibromialgia in Italia ancora non è stata riconosciuta quale malattia cronica e invalidante, anche se rende scarsa la qualità della vita delle persone che ne soffrono, stravolgendola», ha parlato anche Mara, portando la propria testimonianza di malata fibromialgica e raccontando della «rabbia per essere stata curata all’inizio, quando i medici non riuscivano a diagnosticare la malattia, come una paziente psichiatrica». Ancora, riferendo che «per la fibromialgia, a oggi, non sono stati riconosciuti i livelli essenziali di assistenza, e così non hai diritto alle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale offre a ogni cittadino», Mara ha riconosciuto che, «a fronte della disperazione cui a volte si giunge, perché è una malattia che privandoti spesso del lavoro e compromettendo i rapporti interpersonali nella comunità arriva a toglierti la dignità di persona, la mia forza la trovo nella famiglia e nella fede». Per Rosaria, a cui la fibromialgia è stata diagnosticata nel 2015 «dopo 9 mesi di dolori costanti, per i quali ti pare di impazzire», un elemento di forza sono «i due gruppi di autoaiuto che ho costituito e che guido come facilitatrice, dopo essermi formata, perché lì le persone mi riconoscono e parlano la mia stessa lingua: se stiamo insieme possiamo fare cose grandi».

All’incontro è intervenuto anche il reumatologo Antonio Puccetti, professore associato del Dipartimento di Medicina dell’Università degli Studi di Genova, spiegando che «per la fibromialgia, rispetto alla quale si rileva una componente autoimmune e la familiarità con pazienti malati di artrite, si può pervenire a un ottimo controllo sintomatologico». Ad aprire l’incontro-testimonianza rivolto a volontari ospedalieri, medici, infermieri e a chi vive da vicino la malattia era stato il vescovo ausiliare Paolo Ricciardi, delegato per la pastorale sanitaria, con un commento al Vangelo della terza domenica di Quaresima. «Il versetto che recita “Egli conosceva quello che c’è nell’uomo” – ha detto il presule – ci ricorda che il Signore conosce e sostiene tutte le nostre malattie, sia del corpo che dell’anima».

11 marzo 2021