Ucraina, Parolin: «Legittimo difendersi ma doveroso difendersi da odio e vendetta»

Presieduta dal segretario di Stato vaticano la Messa per i 30 anni delle relazioni diplomatiche tra il Paese sotto attacco da parte della Russia e la Santa Sede. L’augurio per la “martoriata Ucraina”: «Dal deserto torni a fiorire un giardino rigoglioso»

Il riconoscimento del pieno diritto a difendersi ma anche l’invito a perdonare per superare uno scenario di devastazione e ritrovare la via della pace, perché «perfino il deserto ha diritto di sperare: non c’è situazione che lo Spirito di Dio non possa far risorgere». Lo ha detto nella sua omelia il cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, nel corso della celebrazione che si è svolta ieri, 17 novembre, nella basilica di Santa Maria Maggiore. Una Messa solenne per celebrare il 30º anniversario delle relazioni diplomatiche tra l’Ucraina e la Santa Sede, stabilite l’8 febbraio 1992, alla presenza dell’ambasciatore ucraino Andrii Yurash e di molti rappresentanti del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Una liturgia concelebrata, tra gli altri, dall’arcivescovo di Leopoli Mieczyslaw Mokrzycki, in una basilica gremita di fedeli con il fiocco gialloazzurro sui vestiti e anche con qualche bandiera della nazione invasa dalla Russia.

«C’è la tentazione – ha detto Parolin – di cedere alla sfiducia di fronte a uno scenario di morte». Eppure, riprendendo il testo del profeta Isaia, il cardinale ha ribadito che anche davanti al deserto «ostile alla permanenza e alla vita dell’uomo, simbolo delle situazioni senza via d’uscita» la voce del profeta «infonde coraggio», si intravede «la strada della ricostruzione». Mentre assistiamo all’«orrore di una guerra che semina morte e distruzione, al fallimento dei tentativi di riportare la pace», mentre si fa sempre più stretta «la morsa del buio e del freddo», eleviamo «preghiere per la pace in Ucraina» e in ogni angolo della terra. «Se gli sforzi umani falliscono, chiediamo a Dio di effondere il suo Spirito per liberarci dal flagello delle contese armate. Con sollecitudine di Padre, egli ama ogni uomo e ogni popolo» e desidera che «tutti vivano nella concordia, non annientandosi ma aiutandosi a crescere».

Ma il Signore «chiede la nostra disponibilità a cooperare per fare il bene». Parolin, citando le parole di Gesù che invita a porgere l’altra guancia a chi ci schiaffeggia, ha sottolineato che sembrano «parole che lacerano il cuore di chi riceve lo schiaffo. Cedere alla sopraffazione, non legittima forse ogni sopruso? Ma il Signore non esige cose ingiuste o impossibili. Non chiede di piegarci all’ingiustizia». E ha ricordato l’esempio di Gesù colpito durante il processo farsa in casa del sommo sacerdote. Tuttavia, «la violenza, il sopruso e l’ingiustizia hanno un duplice effetto in chi è vittima». Un «male esterno» e uno «nel cuore delle persone». È dal «rancore e dal desiderio di vendetta» che il Signore mette in guardia e ci insegna «a reagire con amore. È legittimo difendersi ma è doveroso anche difendersi dall’odio e dalla vendetta. Non si può mettere fine al male esterno se lo stesso male rimane nel cuore: è questo il circolo vizioso da rompere». Impossibile? No, perché «lo Spirito ci rende capaci di realizzare ciò che è contrario ai nostri sentimenti». E «lo Spirito agisce tramite noi. Ci vuole artefici del bene e della pace. Auguro alla martoriata Ucraina – ha concluso Parolin – che dal deserto torni a fiorire un giardino rigoglioso».

Al termine della celebrazione ha preso la parola l’ambasciatore ucraino, manifestando la gratitudine «alla Sede apostolica per tutte le manifestazioni di sostegno», in particolare durante «gli ultimi 266 giorni» in cui assistiamo a «una moralmente ingiusta, inaccettabile, barbara, insensata, ripugnante e sacrilega guerra, come ha detto al riguardo il Santo Padre». Yurash ha anche ribadito che l’Ucraina «attende nel prossimo futuro la visita profeticamente importante di Papa Francesco».

18 novembre 2022