Ucraina, Parolin: «Lavorare a una nuova conferenza europea dedicata alla pace»

Il cardinale segretario di Stato vaticano intervenuto all’incontro promosso dall’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede su “L’Europa e la guerra”. Riccardi (Sant’Egidio): «Constatiamo la mancanza e la necessità di una visione per superare la guerra»

Una «nuova grande conferenza europea dedicata alla pace» e nel frattempo una «tregua natalizia» della guerra in Ucraina. Sono le due proposte concrete, fatte rispettivamente dal segretario di Stato vaticano il cardinale Pietro Parolin e dal fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, nel corso dell’incontro “L’Europa e la guerra. Dallo spirito di Helsinki alle prospettive di pace”, che si è tenuto oggi, 13 dicembre, a Palazzo Borromeo, sede dell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Una conferenza promossa dalla stessa ambasciata in collaborazione con la rivista di geopolitica Limes e i media vaticani alla quale non ha potuto partecipare il presidente della Repubblica Mattarella a causa del Covid. Dopo i saluti dell’ambasciatore Di Nitto e del direttore editoriale dei media vaticani Andrea Tornielli, è stato Matteo Luigi Napolitano, docente all’Università degli Studi del Molise, a inquadrare il contesto storico della conferenza di Helsinki del 1975.

Centrale l’intervento di Parolin, che è partito dalle parole di Papa Francesco all’Angelus del 2 ottobre scorso. «Siamo giunti al nono mese e ancora assistiamo agli errori e orrori» causati dall’«aggressione dell’esercito della federazione russa». C’è il rischio di un’assuefazione: «Non facciamo più caso alla pioggia di missili distruttivi, ai morti civili, ai bambini sotto le macerie, ai soldati uccisi, agli sfollati, a un Paese disastrato dalle case distrutte e dall’ambiente devastato. Le lacrime del Papa ai piedi dell’Immacolata sono un antidoto potente contro il rischio dell’abitudine e dell’indifferenza. Desidero ripetere il suo appello perché si faccia ricorso a tutti gli strumenti per arrivare a un cessate il fuoco e a una pace giusta».

Il cardinale ha evidenziato che «nelle ultime settimane c’è stato qualche spiraglio per un negoziato ma anche chiusure e l’acuirsi dei bombardamenti. Terrorizza che si sia tornati a parlare di guerra atomica, preoccupa la corsa al riarmo» con ingenti risorse che potrebbero essere impiegate «per combattere la fame, assicurare lavoro e cure mediche a milioni di persone che non le hanno mai avute. Stiamo facendo tutto il possibile per porre fine a questa tragedia?», si è chiesto. Il Papa il 2 ottobre ha rivolto «anche un preciso invito, che non è stato colto con adeguata attenzione, a tutti i protagonisti internazionali e ai responsabili politici perché facciano il possibile per porre fine a guerra senza lasciarsi coinvolgere in pericolose escalation».

Il segretario di Stato vaticano ha ammesso che non ci sono le condizioni per ripetere Helsinki ma «ci sono, e se non ci sono dobbiamo lavorare perché si realizzino, per fare rivivere lo spirito di Helsinki. Abbiamo bisogno di affrontare questa crisi e le tante guerre dimenticate con strumenti nuovi. Di immaginare e costruire un nuovo concetto di pace e solidarietà internazionale, di realizzare nuove regole per i rapporti internazionali, che oggi ci appaiono molto più liquidi e inconsistenti». E allora «perché non lavorare insieme per una nuova grande conferenza europea dedicata alla pace?», ha proposto il porporato. «Possiamo domandarci: l’Europa crede ancora alle regole che si è data dopo la seconda guerra mondiale grazie alla lungimiranza dei suoi padri fondatori?. Non releghiamo il desiderio di pace nella soffitta dei sogni irrealizzabili. Abbiamo il dovere di trovare vie concrete senza rifugiarsi nella giustificazione dell’ineluttabilità della guerra. Non riduciamo a confronto ideologico o partitico il desiderio dei giovani di impegnarsi per la pace». Citando la Pacem in Terris di san Giovanni XXIII, il cardinale ha ribadito quindi che «il disarmo è l’unica risposta adeguata e risolutiva se vogliamo costruire un futuro di pace. Abbiamo bisogno del contributo di tutti e soprattutto dei giovani. Recuperiamo lo spirito di Helsinki», ha concluso, leggendo il decalogo sui principi inserito nell’atto finale della conferenza.

Il direttore di Limes Lucio Caracciolo ha poi moderato gli interventi successivi. In particolare Andrea Riccardi ha evidenziato «lo spettro che il conflitto si eternizzi, come in Siria». La conferenza di Helsinki aveva «all’origine una grande visione, quella della cooperazione europea, dei diritti umani e delle libertà fondamentali, decisiva per sviluppare una società civile amante della libertà». Abbiamo ancora «visioni di questo tipo?». Riccardi ha invitato a superare l’ineluttabilità di una «politica congiunturale in cui nessuno ha il gioco in mano. Constatiamo la mancanza e la necessità di una visione per superare la guerra». Di qui l’esortazione a «provare a congelare una guerra così intensa. Almeno una tregua di Natale sarebbe rilevante».

Riccardi ha anche sottolineato come i sentimenti dell’opinione pubblica stiano lentamente cambiando e come all’interno dell’Europa ci siano due visioni sulla Russia molto diverse: quella dell’Est, che non ha dimenticato l’esperienza della dittatura sovietica, e quella occidentale che la vede come una risorsa. «La risposta alla questione russa è ineliminabile. Tutto dipende dalla Russia», responsabile dell’aggressione, ma «cosa vuole l’Europa? Dalla risposta a queste domande dipende molto delle scelte future». È «doveroso pensare a stagioni di tregua per avviarsi a una stagione di convivenza sicura e cooperativa», ha concluso il fondatore di Sant’Egidio. «La generazione che ci ha preceduto lo ha fatto con Helsinki. La nostra avrà capacità e coraggio?».

Da segnalare infine gli interventi di Claudio Descalzi, ad dell’Eni, che ha proposto una lettura sulla debolezza dell’Europa e sulla necessità di una «alleanza» solidale con l’Africa per essere protagonisti sullo scacchiere internazionale, e di Monica Lugato, della Libera Università Maria Ss. Assunta (Lumsa), che ha affrontato la questione dal punto di vista del diritto internazionale.

13 dicembre 2022