Turchia, «la grande novità per la nostra Chiesa sono i rifugiati»

Il vicario apostolico dell’Anatolia Paolo Bizzeti ricorda il suo predecessore Luigi Padovese, a 10 anni dall’uccisione: «La sua testimonianza ancora parla»

«I grandi doni che ci ha lasciato sono la sua testimonianza di vita e il suo ministero di pastore. Era ben consapevole dei rischi che correva tuttavia la paura della morte non può essere un criterio per prendere decisioni. Alla fine se non si ha un motivo per cui morire non si ha nemmeno un motivo per vivere. Per questo la sua testimonianza ancora parla». Così monsignor Paolo Bizzeti, vicario apostolico dell’Anatolia, ha ricordato la figura del suo predecessore Luigi Padovese, a 10 anni dalla morte, durante l’incontro via social “Finestre sul Medio Oriente. La verità nell’amore. Un ricordo di mons. Luigi Padovese”, promosso dalla Rivista Terrasanta.net e dal Commissariato per la Terra Santa del Nord Italia.

Monsignor Padovese fu ucciso il 3 giugno 2010 a coltellate, a Iskenderun, dal suo autista, Murat Altun. Per ricordarne la figura le Edizioni Terra Santa hanno da poco ridato alle stampe “La verità nell’amore. Omelie e scritti pastorali di mons. Luigi Padovese (2004-2010)”. L’incontro, svoltosi proprio il 3 giugno, è stato anche l’occasione, per Bizzeti, di fare il punto sulla situazione attuale della Chiesa in Turchia. «La grossa novità – ha detto – è rappresentata dai rifugiati cristiani, provenienti dalla Siria, dall’Iraq, dall’Iran, dall’Afghanistan, dal Pakistan, dall’Africa, quasi tutti di lingua araba e farsi. Il loro numero è superiore a quello dei fedeli locali. In pochi anni i cristiani e i cattolici si sono raddoppiati, se non triplicati. Fuggiti dalla guerra, dalla fame, dalle persecuzioni, qui hanno trovato una buona accoglienza».

In totale i rifugiati arrivano a quasi 4 milioni. «Per loro la Turchia ha fatto un grande sforzo. Si pensava ad una accoglienza temporanea che invece si sta protraendo da anni. Nessuno immaginava che le cose in Siria e in Iraq durassero così a lungo». Con innegabili ripercussioni a livello sociale aggravate adesso dal Covid-19. «La pandemia – ha spiegato il vicario apostolico – ha provocato un peggioramento delle condizioni economiche e la perdita di posti di lavoro. Le prospettive sono difficili. Quattro anni fa abbiamo riaperto la Caritas per assistere i nostri rifugiati cristiani». Ma c’è bisogno, ha rilevato ancora Bizzeti, «anche di assistenza pastorale e di luoghi dove ritrovarsi per la preghiera. Purtroppo come Chiesa siamo impreparati perché non abbiamo operatori pastorali, non ci è possibile aprire chiese, cappelle, luoghi di riunione o centri culturali. Abbiamo una chiesa viva ma molto carente di mezzi».

“Vivace” anche la piccola comunità cristiana turca: «Registriamo un nuovo interessamento verso il cristianesimo da parte specialmente dei giovani turchi. In tutte le parrocchie abbiamo persone che si presentano a chiedere informazioni sul Cristianesimo che spesso hanno conosciuto via internet o per i social media. Sperimentiamo che la messe è molta ma mancano gli operai, persone preparate anche nella lingua e nella cultura turca e araba». A riguardo Bizzeti ha rivelato di aver aperto «una parrocchia personale per i rifugiati di lingua farsi, con un salesiano che è stato per 40 anni in Iran e che porta avanti il suo ministero tra questi catecumeni e neofiti.» Circa il rapporto con lo Stato il vicario apostolico ha messo in evidenza «l’atteggiamento rispettoso» del governo, che ha fatto anche «passi concreti verso le Chiese cristiane. Il problema – ha però osservato – sono ancora piccoli gruppi e alcune fette della popolazione, quelle meno colte e maggiormente ricche di pregiudizi, che sono fortemente avverse al cristianesimo. Per le celebrazioni non abbiamo problemi. Per aprire nuove strutture invece ci sono difficoltà che impediscono di dire che esiste una oggettiva libertà religiosa. Si è infatti ancora ancorati alle clausole del Trattato di Losanna (di un secolo fa) che speriamo vengano riviste perché fortemente penalizzanti nei confronti delle comunità cristiane». Da ultimo Bizzeti ha espresso l’auspicio di una ripresa dei pellegrinaggi sulle orme di san Paolo: «Per ora sono tutti sospesi a causa del Covid-19. Speriamo per l’autunno di riprenderli».

5 giugno 2020