Tunisia, il racconto di un pescatore: «Trovo corpi, con un neonato ho pianto»

La testimonianza di Oussama Dabbebi: «È diventata normalità. Invece di prendere dei pesci, qualche volta restano impigliati dei corpi umani nella rete»

«Invece di prendere dei pesci, qualche volta restano impigliati dei corpi umani nella rete. Prima mi spaventavo, ora mi ci sono abituato. Quando trovo un corpo è come quando tiro su i pesci. Una volta però ho trovato persino quello di un neonato: come può un bambino essere responsabile di qualsiasi cosa? Quella volta non sono riuscito a trattenere le lacrime». Oussama Dabbebi è un pescatore tunisino di 30 anni, e lavora con la sua barca a Sfax da quando ne aveva dieci. A raccontare la sua storia, già rilanciata da vari media tunisini, è la britannica Bbc.

L’uomo rende conto di un’altra faccia del fenomeno migratorio: la fine che fanno i dispersi, ossia coloro che tentano di raggiungere l’Italia affidandosi a barchini pericolanti, privi di sistemi di sicurezza, e spesso affondano senza la garanzia di ricevere soccorso. Le Nazioni Unite riferiscono che dal 2014 almeno 18mila persone avrebbero perso la vita, ma secondo le organizzazioni per i diritti dei migranti i numeri sarebbero molto più alti, dal momento che non sempre si conosce l’esatto numero delle persone coinvolte dei naufragi, oppure non si ha proprio notizia dei disastri. L’ultimo è avvenuto al largo della Grecia tra il 13 e il 14 giugno, quando un peschereccio è affondato almeno sette ore dopo aver lanciato l’allarme. Secondo i testimoni, a bordo c’erano almeno 700 persone, solo 104 quelle tratte in salvo.

«In soli tre giorni ho ritrovato 15 corpi», continua Dabbebi, aggiungendo che i trafficanti che organizzano questi viaggi «continuano a offrirmi cifre inimmaginabili per avere la mia barca. Ma io dico di no: se con la mia barca della gente dovesse annegare, io non me lo perdonerei mai».

L’organizzazione Euromed Rights riporta che il 30 maggio in un naufragio al largo della Tunisia sono morte 13 persone delle 41 che si erano imbarcate. I sopravvissuti sono stati riportati in Tunisia. Save the Children avverte invece che una ragazza su tre che ha lasciato il suo Paese alla volta della Libia, della Tunisia o del Marocco ha subito abusi sessuali o altre forme di violenza durante il viaggio.

23 giugno 2023