Tumore del rene, l’importanza della diagnosi precoce

Una opportunità che, nel caso del trattamento chirurgico, permette l’asportazione solo del cancro, anche di grandi dimensioni, risparmiando l’organo

Quando cominciai a fare l’urologo, la diagnosi di tumore del rene si accompagnava ad una importante incertezza relativa al destino del paziente che ne era affetto. Oggi, qualche decina di anni dopo, le cose sono cambiate, e radicalmente. Oggi il tumore del rene è malattia curabile nella maggior parte dei casi.

Cosa è cambiato? Innanzitutto la neoplasia renale viene il più delle volte diagnosticata in fasi precoci perché l’ecografia addominale è sempre più utilizzata per lo studio di gran parte delle patologie dell’addome. Coglierla quindi “per caso” significa diagnosi precoce e sostanzialmente guarigione quasi certa. A questo si accompagna una importante conseguenza terapeutica. Se il trattamento chirurgico classico è l’asportazione dell’intero rene, la diagnosi precoce permette di rimuovere il solo tumore salvando il rene. Importantissimo! Perché avere un solo rene, si è scoperto, significa avere una maggiore incidenza di complicanze cardiovascolari con possibile riduzione della sopravvivenza.

Nei centri specializzati nella chirurgia conservativa del tumore del rene vengono asportati tumori anche di grandi dimensioni risparmiando il rene. È chiaramente chirurgia che deve essere effettuata da équipe con esperienza ed in strutture ospedaliere attrezzate. A migliorare ulteriormente lo scenario si aggiunge la possibilità di eseguire questi interventi conservativi anche con tecniche mininvasive, più esplicitamente con il robot “da Vinci”. Minimi dolori postoperatori, precoce ripresa delle funzioni e dimissione precoce.

Purtroppo non tutti i tumori sono confinati: alcuni possono diffondersi ai linfonodi e dare metastasi in altri organi. Un tempo questi pazienti erano destinati a rapida morte. Attualmente i chemioterapici e gli immunoterapici di ultima generazione sono in grado di arrestare questa malattia ritardando in maniera consistente l’evoluzione negativa della malattia. Per fortuna i casi avanzati ed aggressivi sono sempre meno frequenti. (Pier Francesco Bassi, direttore Clinica Urologica Fondazione Policlinico A. Gemelli)

6 marzo 2019