Tragedia del mare: 6 morti su una barca giunta a Pozzallo

Si tratta di 6 siriani, tra cui 2 bambini piccoli e una donna anziana, probabilmente uccisi dalla fame e dalla sete. 26 i sopravvissuti, molti in gravi condizioni. Sgomento delle associazioni: «Ripristinare un meccanismo di ricerca e soccorso tempestivo»

Sei morti: 2 bambini di 1 e 2 anni, un dodicenne e tre adulti, tra cui la nonna e la madre di alcuni bambini sopravvissuti. Morti probabilmente di fame e di sete. E tra i 26 sopravvissuti, diverse persone in condizioni estremamente gravi, alcuni con profonde ustioni sul corpo. Tutti siriani. È il bilancio dell’ultimo viaggio drammatico attraverso il Mediterraneo, concluso ieri, 12 settembre, a Pozzallo, con due persone – una donna e sua figlia – evacuate in serata a Malta per essere curate. A soccorrere i profughi, la Guardia costiera italiana, arrivata però solo dopo diversi giorni trascorsi alla deriva.

Presente allo sbarco l’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, impegnata accanto alle ong per garantire ai sopravvissuti l’assistenza necessaria. A partire da un supporto psicologico specializzato. La rappresentante per Italia, Santa Sede e San Marino Chiara Cardoletti parla di «inaccettabile perdita di vite umane». Anche il fatto che il gruppo abbia trascorso diversi giorni alla deriva prima di essere soccorso, aggiunge, evidenzia «ancora una volta l’urgente necessità di ripristinare un meccanismo di ricerca e soccorso tempestivo ed efficiente, guidato dagli stati nel Mediterraneo. Il soccorso in mare è un imperativo umanitario saldamente radicato nel diritto internazionale – evidenzia -. Allo stesso tempo, è necessario fare di più per ampliare i canali sicuri e regolari e crearne di nuovi per fare in modo che le persone in fuga da guerre e persecuzioni possano trovare sicurezza senza mettere ulteriormente a rischio le loro vite». A dimostrarne l’urgenza sono i numeri: basti pensare che nel corso di quest’anno oltre 1.200 persone sono morte o risultano disperse nel Mediterraneo.

«Accogliamo con profondo sgomento questa nuova tragedia che vede ancora una volta i bambini vittime dell’indifferenza», è il commento di Raffeala Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. «Chi scappa da conflitti, violenze e povertà estreme non può continuare a perdere la vita nel Mediterraneo», aggiunge. Di qui il rinnovato appello alle istituzioni italiane e dei Paesi europei alla «creazione di un sistema strutturato e coordinato di ricerca e soccorso in mare» e all’attivazione di «canali sicuri e legali di accesso». Inoltre, prosegue Milano, «è necessario garantire che le navi che operano nel Mar Mediterraneo, anche mercantili o di organizzazioni non governative, non incontrino alcun ostacolo quando soccorrono e sbarcano le persone in difficoltà». Anche Save the Children, nell’ambito del suo impegno in frontiera a sostegno dei bambini con le famiglie e dei minori soli che arrivano via mare, in collaborazione con Unicef, è presente all’hotspot di Pozzallo per l’assistenza e la protezione dei sopravvissuti.

A esprimere il cordoglio del Centro Astalli, il servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia, è il presidente padre Camillo Ripamonti. «Siamo sgomenti e addolorati per questa tragica notizia.  Inaccettabile e profondamente sbagliato che l’Europa si ostini a lasciar morire nell’indifferenza sempre più colpevole degli innocenti. Si tratta di disperati in fuga da guerre, persecuzioni e miseria che cercano salvezza affidandosi ai trafficanti, in mancanza di alternative legali». Il Centro Astalli dunque chiede «con forza» a chi si candida a governare il Paese e alle istituzioni nazionali e sovranazionali «la tempestiva attivazione di un’operazione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale che salvi i migranti in difficoltà e li conduca in un porto sicuro che non può essere la Libia, l’apertura immediata di canali umanitari dalle zone di guerra o di crisi umanitarie e quote d’ingresso per la gestione di una migrazione legale, ordinata e sicura». Nelle parole di Ripamonti, «continuare a restare fermi in posizioni di chiusura, voler bloccare gli arrivi è irrealistico. Governare le migrazioni per trasformarle in una risorsa per le nostre società è un banco di prova in cui si misurano capacità di costruire il bene comune e visione del futuro».

13 settembre 2022