“Toy Story 4”, la saga dei giocattoli che commuove
Dal 26 giugno nelle sale italiane la nuova produzione targata Disney/Pixar diretta da Josh Cooley. Struggente malinconia nella fusione con gli esseri umani
Cominciamo mettendo un po’ di ordine, perché siamo al numero 4 di una serie che ha preso il via qualche anno addietro e che forse non era stata all’inizio pensata per prolungarsi tanto. Dunque Toy Story – Il mondo dei giocattoli esce nel 1995 e rivoluziona il cinema d’animazione come primo lungometraggio interamente realizzato con la computer grafica, ottiene anche l’incasso più alto in quello stesso anno. Nel 1999, segue Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa, primo film interamente creato, masterizzato e proiettato in digitale. Quindi è la volta, nel 2010, di Toy Story 3 – La grande fuga. E ora tocca a Toy Story 4, nuova produzione targata Disney/Pixar diretta da Josh Cooley su una sceneggiatura scritta da Andrew Stanton e Stephany Folson, in uscita nelle sale a partire dal 26 giugno. È interessante ascoltare il regista Cooley: «Non ho lavorato a nessuno dei titoli precedenti, dunque mi sono avvicinato alla serie con spirito totalmente libero. Per me i personaggi di Toy Story sono il corrispettivo di Topolino, Paperino e Pluto nel mondo Pixar. Woody e Buzz sono entrati a far parte del vocabolario cinematografico con il quale si sono ritrovate le generazioni successive al 1995».
Così, in effetti, chi pensava che la storia di Woody con Andy si fosse conclusa con la grande fuga, si è dovuto ricredere, perché, come si dice, ogni fine è in realtà un nuovo inizio. Tutto (ri)comincia con Woody in una nuova cameretta, nuovi giocattoli e un nuovo bambino di riferimento: è Bonnie, che si sta preparando a frequentare la scuola materna ed è per questo un po’ preoccupata. Entrano da subito in gioco i temi del viaggio, del cambiamento, della crescita. La fusione tra giocattoli ed esseri umani, per quanto fluida e generosa, raggiunge toni di struggente malinconia e di commossa partecipazione. La novità di questo capitolo è rappresentata da Forky, che in realtà non è un giocattolo ma un cucchiaio/forchetta gettato nella spazzatura e salvato per pura fortuna.
Bonnie, la piccola di casa, si innamora di questo piccoletto con i piedi fatti con i bastoncini dei ghiaccioli. Il viaggio che i genitori di Bonnie intraprendono verso la nuova meta diventa il punto di partenza per rimescolare tutte le carte in gioco e riposizionare i rapporti tra i vari giocattoli. È bello, persuasivo e certamente commovente il modo con cui i personaggi veri e finti si muovono, agiscono. La gestualità dei giocattoli in Toy Story 4 si muove secondo una dinamica sottile e inafferrabile, li guardiamo e loro guardano noi, e la vivacità si muove, plastica, generosa, bella e portata a creare differenze, a dipingere abitudini, gestire situazioni impreviste. Più che mai risulta appropriato il ricordo dei personaggi Disney fatto sopra: nomi non vecchi, anzi “moderni”, legati da un antropomorfismo nitido e lucido nei caratteri e nelle riflessioni. Dialoghi intelligenti motivano una partecipazione intensa dei piccoli spettatori, che ridono, applaudono, fanno sapere che il mondo che scorre davanti a loro gli appartiene, vi si riconoscono. Perché un giocattolo senza un bambino non può sopravvivere, e il legame tra i due aiuta entrambi a crescere. Sì, entrambi, anche il giocattolo (e non è uno scherzo).
25 giugno 2019