Torre Spaccata un anno dopo i roghi

I residenti in campo contro il degrado e la denuncia della «totale assenza dell’amministrazione cittadina». La questione irrisolta della delocalizzazione degli autodemolitori, distrutti dalle fiamme il 9 luglio 2022, e il timore che il rischio incendi si ripresenti

Torre Spaccata è come una «zona di guerra». È il paragone a cui ricorrono i residenti del quartiere per descrivere il degrado che imprigiona la periferia a est della Capitale. Qui il 9 luglio 2022 un incendio ha avvolto in una nube nera i palazzi che si affacciano su viale Palmiro Togliatti. Le fiamme, partite dal parco di Centocelle, hanno coinvolto gli autodemolitori mandando a fuoco auto e veicoli di cui adesso non restano che carcasse carbonizzate. Non tutti, infatti, hanno dato seguito all’ordinanza di settembre con cui il sindaco Roberto Gualtieri ha chiesto di ripulire le aree interessate. «È il degrado totale», dice Angela Marzuillo, portavoce del Forum di cittadini e associazioni del quartiere: «Bisogna liberare queste aree, bonificarle e restituire il parco ai cittadini».

Sono richieste che da ormai un anno non trovano riscontro. Ad agosto 2022 l’amministrazione comunale ha manifestato l’intenzione di avviare un tavolo congiunto con il Forum. «Poi abbiamo avuto solo un altro incontro al V municipio, ma da allora più nulla», racconta Angela, che tra sollecitazioni, pec e mancate risposte si sente invisibile. Ieri, a distanza di 12 mesi esatti da quell’evento, i cittadini di Torre Spaccata si sono radunati tra via Cornelio Sisenna e via Marcio Rutilio. «Vogliamo manifestare il nostro disappunto per la totale assenza dell’amministrazione», fanno sapere i residenti che si sono dati appuntamento a ridosso della chiesa di San Bonaventura da Bagnoregio. Don Stefano Cascio, il parroco, non si è mai sottratto al confronto. Ma dopo un anno fatica a dare un senso a promesse rimaste lettera morta. «La presenza degli autodemolitori sulla Togliatti è assurda – commenta -. Pensavamo che dopo l’incendio le cose sarebbero cambiate», confessa il sacerdote. Eppure qualche settimana fa il Comune di Roma ha annunciato la delocalizzazione degli autodemolitori nell’ex campo rom “La Barbuta”. L’area dovrebbe essere attrezzata per fare in modo che le attività di smaltimento dei veicoli possano svolgersi in sicurezza e nel rispetto delle normative ambientali. «Ma al momento c’è solo un’interlocuzione con la Regione Lazio che non ha ancora ricevuto nessun progetto dal Comune», spiega il parroco, dopo un incontro avuto il 3 luglio con il presidente del Consiglio regionale Antonio Aurigemma. Il timore è che il rischio di nuovi incendi si ripresenti anche quest’anno. «Quell’incendio è stato un disastro ambientale», denuncia Urio Ciri, referente del comitato di quartiere e presidente della Comunità per il parco pubblico di Centocelle. «Tutt’ora quando piove si sente l’odore di materiale combusto. Molte tettoie erano in amianto e il vento porta ancora polveri sui nostri balconi», racconta.

La delocalizzazione di queste attività è una palla che le giunte romane si passano da decenni. I vincoli paesaggistici, archeologici e naturalistici sul parco, infatti, impediscono la presenza degli autodemolitori che però preesistono ai vincoli apposti nella seconda metà degli anni ’90. Spostarli in un’area adeguata favorirebbe la riqualificazione del parco e l’unificazione con il pratone di Torre Spaccata: circa 58 ettari che ospitano ville romane, un sito preistorico e tombe antiche oltre a 50 specie animali e circa 150 specie vegetali. È l’altra faccia di un quartiere relegato all’oblio. «Questa è una zona viva, con tante persone attive che si impegnano per Torre Spaccata», dice Paola Rizzo che nel quartiere ci è nata e cresciuta. È la presidente del comitato dei genitori dell’Istituto comprensivo “A. Montinaro” in cui studiano quasi mille alunni, tra cui suo figlio: «Ha 9 anni e per lui vorrei un quartiere con più servizi, con centri sportivi e luoghi di aggregazione che diano ai ragazzi un’alternativa». È la sintesi delle richieste di molte famiglie: «Vogliamo un quartiere con meno degrado, perché allo stato attuale non è vivibile». E l’alternativa non può essere fuggire.

10 luglio 2023