Tor Sapienza, la Comunità di Sant’Egidio: No a ogni violenza

Dopo gli scontri avvenuti negli ultimi giorni, la nota diffusa dalla Comunità trasteverina che invita a favorire e incoraggiare percorsi di integrazione, nella «doverosa tutela della sicurezza di tutti»

«Ogni decisione venga assunta nel rispetto dello spirito di accoglienza che da sempre caratterizza la città di Roma, respingendo i tentativi di alimentare tensioni sociali e di speculare sul disagio ma favorendo e incoraggiando percorso di integrazione». È l’auspicio espresso dalla Comunità di Sant’Egidio in seguito ai «sempre più frequenti episodi di violenza ai danni di rifugiati o di richiedenti asilo che stanno avvenendo nella periferia di Roma e di altre città italiane». Episodi davanti ai quali «non valgono le semplicistiche spiegazioni sociologiche fornite da osservatori superficiali – si legge in una nota diffusa dalla Comunità -. Più che di un presunto disagio sociale o di una “guerra tra poveri” che si vorrebbe innescare ad arte, si tratta spesso di episodi violenti a sfondo razzista, che dimostrano come nei quartieri delle periferie urbane si stia diffondendo una pericolosa cultura della violenza, che va contrastata con una positiva azione di sensibilizzazione sociale».

Il riferimento è in particolare ai recenti scontri nel quartiere di Tor Sapienza, dove «il centro di accoglienza per richiedenti asilo e per minori stranieri non accompagnati assalito a freddo da decine di incappucciati armati di sassi, bombe carta ed anche di una molotov, è da anni una struttura modello nella quale 36 minori stavano seguendo un utile percorso di formazione e di inserimento professionale». Grazie alle loro testimonianze raccolte dagli operatori sociali e confermate alle autorità di polizia, informano dalla Comunità trasteverina, «sono stati arrestati decine di scafisti ed altri criminali che in Italia o nei Paesi di origine hanno sfruttato le condizioni di disagio dei profughi e di quanti fuggivano da situazioni di guerra o di estrema povertà. Nessuno di loro risulta coinvolto in episodi di microcriminalità nel quartiere o altrove. Quanto ai 36 adulti ospiti del centro, si tratta di persone in attesa dei documenti che ne certifichino lo status di rifugiati, e che quindi non sono certamente interessate a creare disordini o tensioni con gli abitanti del quartiere».

 Resta, si legge ancora nella nota, «la necessità di un intervento pubblico dopo gli episodi di intolleranza e di violenza che si sono verificati», nella «doverosa tutela della sicurezza di tutti». Di qui l’invito a lavorare sull’integrazione e, alle coscienze di tutti i cittadini, l’appello «perché si ribellino a ogni forma di violenza».

13 novembre 2014