Tor Sapienza, Danese: trasferimento migranti era previsto

All’indomani delle nuove tensioni davanti al centro di accoglienza, l’assessore alle Politiche sociali accusa di speculazioni

All’indomani delle nuove tensioni di fronte al centro di accoglienza, l’assessore alle Politiche sociali accusa di speculazioni politiche, mentre continua l’emergenza abitativa

«Sicuramente c’è qualcuno che rema contro». Francesca Danese, assessore alle Politiche sociali del Comune di Roma, non nasconde la propria amarezza all’indomani del precipitoso trasferimento di 40 richiedenti asilo dal centro di accoglienza “Il Sorriso”, dopo che a Tor Sapienza sembrava essersi riaccesa la protesta con l’incendio di alcuni cassonetti. «Io sapevo che la destra si stava mobilitando per fare una serie di iniziative da qui a qualche giorno, e non volevo che un’altra volta tutto ciò passasse attraverso la strumentalizzazione di queste persone che partono e lasciano le famiglie, ammesso che non siano morte, sono vittime di chi specula sui loro viaggi, e che spesso sono solo transitanti, anche se nessuno lo dice. Onde evitare ulteriori speculazioni ho reputato importante agire subito», afferma Danese.

L’assessore spiega che l’iter burocratico per il trasferimento era già a buon punto, dopo la promessa, appena nominata un paio di mesi fa, di trasferirli. «Per loro stessi, sia chiaro, visto che qualcuno strumentalmente non vedeva l’ora di riaccendere la situazione, abbiamo reputato fosse il caso di trasferirli subito, lo abbiamo fatto questa notte. Non dirò mai dove, meritano un po’ di serenità: sono in un luogo tranquillo, di pace, che li ha accolti con gioia, in attesa del trasferimento definitivo nel luogo concordato con il sindaco e la prefettura e gli attori coinvolti. Ora vediamo cosa si inventa certa destra». Sottolinea l’importanza della rete scuole migranti, che ha 164 associazioni che lavorano sull’inclusione attraverso l’insegnamento della lingua italiana, ma anche dell’importanza della prossima riunione dei ministri dell’Interno europei, perché il Mediterraaneo non diventi un cimitero invece che la culla delle civiltà.

Ieri pomeriggio, giovedì 12 marzo, l’assessore ha incontrato i referenti del comitato di quartiere. «Non vorrei che passasse il messaggio che qualunque periferia inizia a strillare succede qualcosa. Lì c’è anche un’azione speculativa, sia chiaro. Noi stiamo lavorando in tutte le periferie, tant’è che non c’è stato alcun taglio sui bilanci dei municipi; c’è la volontà politica per far sì che quel ricamo di cui parla Renzo Piano sia reso visibile ed efficace anche a Roma». Spiega che fra i propri compiti vi è quello di «dimostrare che facciamo sul serio, di andare dentro agli Sprar a vedere come stanno gli ospiti, come lavorano gli operatori, per cui operazione trasparenza in tutti i sensi».

Pare in realtà che la protesta di ieri sia stata innescata da alcune lettere di sfratto dell’Ater, ma anche qui Danese rivendica i principi di legalità e giustizia sociale alla base dell’azione della Giunta capitolina: «Ognuno si prende la propria responsabilità. Ho chiuso il residence che costava di più, Pietralata 2, che costava anche 4mila euro al mese a nucleo familiare: Roma spendeva 41 milioni di euro l’anno per 21 residence». Spiega che contestualmente si sta partendo col “buono casa”, fino a 800 euro di contributo al mese, seppur con molte difficoltà. «Colgo l’occasione per dire che è l’amministrazione che fa direttamente il bonifico per chi dà la casa. Attualmente abbiamo 200 persone in lista, che escono dai residence o hanno i requisiti per reddito».

Nel frattempo in questi giorni uscirà la graduatoria delle persone che avevano fatto richiesta di casa popolare, anche se non si riesce a far fronte all’emergenza. «Il decreto Lupi non ha certamente facilitato tutto ciò: la regola introdotta nel Milleproroghe è un po’ farraginosa, c’è dentro anche la morosità incolpevole, ci sono tutti quelli che avevano un certo reddito all’atto della domanda e che ora non l’hanno più. Sono preoccupata per la povertà, l’emergenza casa è legata anche alla mancanza di lavoro». Dal ministero dovrebbero arivare dei fondi, che però passano attraverso le regioni e i meccanismi sono lunghi, mentre forse sarebbe più semplice un’azione diretta sulle città metropolitane, che sono quelle in emergenza. «Stiamo lavorando con questura, prefettura e tribunale – conclude -. Siamo riusciti ad impedire molti sfratti,ma la mole di numeri è così alta che non ci riusciamo: almeno settecento famiglie, ma poi dipende dai calcoli».

13 marzo 2015