“Top Gun”, la grinta del cinema Usa

Tom Cruise di nuovo protagonista, a oltre 30 anni dal primo film, nella pellicola di Kosinski, nei panni di Maverick, attorno al quale la sceneggiatura riallaccia presente e passato

È vero, non si tratta di una novità, ma di un numero due, il sequel di quel Top Gun, che, uscito nel 1986, fece sfracelli ai botteghini di tutto il mondo. Al giro di boa degli anni ’80, Hollywood si guarda indietro e, fermatasi un momento, capisce che dalla fucina statunitense sono appena usciti alcuni titoli destinati a segnare il decennio: basta ricordare Star Wars, Indiana Jones, Blade Runner, ET L’extra terrestre, Ritorno al futuro. Tutti film che hanno lasciato un’impronta indelebile al momento della loro uscita, hanno aggiunto qualcosa di importante all’immaginario collettivo, sono rimasti fortemente legati a un passaggio, una sequenza, uno scambio di battute.

Sono trascorsi più di trenta anni dal primo film. Ed ecco apparire di nuovo il capitano Pete “Maverick” Mitchell, protagonista di Top Gun: Maverick: è ancora pilota della Us Navy e si trova nel Nevada dove, per conto della Marina, collauda aerei segreti. Succede che il Retro-Ammiraglio Cain gli ordina di tornare alla Top Gun: in tre settimane dovrà addestrare una squadra di dodici piloti e poi scegliere i migliori sei per prendere parte a una missione segreta. Quello della richiesta che non ti aspetti, dell’impresa che sembra impossibile e quindi ancora di più stimola fantasie e creatività, rappresenta un momento di sicura reazione, primo passo per progettare una risposta sicura e convincente. Qui scatta la parte che fa riferimento al precedente capitolo: tornato Maverick in primo piano, accanto a lui la sceneggiatura riallaccia il presente al passato. Riappare Goose, grande amico di Maverick; ecco Carol, amore perduto di Goose; ecco soprattutto Ice, il cui personaggio ha il coraggio di tornare in scena senza nascondere la sua battaglia con un tumore.

Il ricordo di lontani avvenimenti si confonde con l’incalzare dell’attualità. E più il racconto procede, più i piani narrativi si sovrappongono. Se il regista del primo episodio, Tony Scott, fratello di Ridley e scomparso nel 2012 – per lui la dedica finale del film – passa il testimone a Joseph Kosinski, forse ancora più che in precedenza primeggia come protagonista assoluto Tom Cruise, un Maverick di rinnovato vigore e di splendida giovinezza. Sappiamo che Tom ha fortemente voluto questo “remake”, ben consapevole del rischio che correva di andare incontro a passaggi retorici e poco incisivi. Al contrario, Cruise dimostra di affrontare l’incontro con i 60 anni in ottima forma e con le giuste motivazioni.

Se infine l’operazione riesce e va a buon fine, ne va dato il merito a quella dimensione grintosa che fa di ogni avventura un’epica a parte. A quella capacità di offrire visionarietà a uomini e donne che da personaggi qualunque diventano protagonisti di storie importanti. Forse questo succede quando il cinema americano si ricorda di nascere con il western. Ci sono sempre uno sceriffo e un bandito a fronteggiarsi per far prevalere la verità.

25 luglio 2022