Thubron sulla frontiera lungo l’Amur

Lo scrittore inglese “racconta” la frontiera tra Russia e Cina, da “pellegrino” orami 82enne. Più interessato ai paesaggi che alle storie che gli vengono raccontate, che gli scivolano addosso

A prima vista Tra Russia e Cina. Lungo il fiume Amur (Ponte alle Grazie, 2022) di Colin Thubron potrebbe sembrare un doppione di In Siberia, il libro che oltre vent’anni fa decretò il successo internazionale dello scrittore inglese, se non fosse per l’età di chi l’ha composto: a 82 anni salire in groppa al destriero sugli argini instabili del gigantesco corso d’acqua che per centinaia di chilometri segna la frontiera fra le due superpotenze asiatiche, dormendo dove capita e mangiando alla bell’e meglio, rappresenta un non trascurabile atto di coraggio. Ma, a parte ciò, il diario dell’anziano pellegrino, 314 pagine, potrebbe essere l’ultimo congedo del vecchio capitano diretto senza paura al centro dell’abisso.

Sin dall’inizio Colin, nell’ambiente umido e palustre delle sorgenti, in Mongolia, dove fa presto a slogarsi una caviglia e incrinarsi due costole solo perché ha messo un piede in fallo, lo scrive a chiare lettere: «Davanti a questo fiume appena nato mi sento all’improvviso più vecchio». Ciò non gli impedirà di procedere convinto verso la foce, rievocando gli epici scontri fra cosacchi e manciù i quali per secoli si contesero il dominio dei forti sul fiume lottando per conto degli zar e delle dinastie orientali. Thubron alterna il costante richiamo ai grandi personaggi che attraversarono questi territori, da Mikhail Bakunin a Anton Cechov fino a Lenin, alla cronaca spicciola dei propri soggiorni estemporanei in alberghi decaduti e trattorie senza clienti, fra ubriachi e vagabondi, anziani in disarmo e donne ferite. Al solito, intreccia amicizie, dialoga coi residenti, vive nella loro quotidianità, ascolta le storie che gli raccontano, ma poi non ne fa nulla.

I potenziali nuclei narrativi da cui viene investito gli scivolano addosso come acqua piovana: la sfiducia romanzesca pare assoluta. Sembra più interessato alle descrizioni paesaggistiche: il vento nel fogliame, i fiori nascosti sotto le rocce, gli uccelli migratori, le avventure che si possono decifrare nelle continue mutazioni del cielo. Resta negli occhi il contrasto fra la sponda russa, desolata e fatiscente, talvolta priva di popolazione, e quella cinese, gremita di nuovi grattacieli scintillanti con milioni di persone capaci di vivere una attaccata all’altra. A chi volesse scrutare il nostro orizzonte prossimo venturo basterebbe la visione di tale clamoroso divario anagrafico. Talvolta l’anziano viandante viene invitato a parlare nelle scuole da qualche insegnante appassionato. Nelle aule siberiane misura tutto lo scarto fra la propria formazione veteronovecentesca e la trionfante globalizzazione digitale: «Tutto il loro mondo – si sta riferendo ai giovani studenti ai quali non si stanca di chiedere cosa vogliano fare da grandi – sembra passare da internet, nei telefonini che tengono in mano: la loro musica, i loro amici, le notizie che vanno e vengono».

5 settembre 2022