Terra Santa: Pizzaballa, appello alla Chiesa italiana per rilanciare i pellegrinaggi

L’arcivescovo in un’intervista al Sir: «Tutti pensano che qui ci sia la guerra. Ma la Giordania è un Paese tranquillo. Come la Terra Santa»

L’arcivescovo in un’intervista al Sir: «Tutti pensano che qui ci sia la guerra. Ma la Giordania è un Paese tranquillo. Come la Terra Santa» 

Si apre con un auspicio l’intervista del Sir all’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme: «Vorrei che la Chiesa italiana fosse un poco più attiva per rilanciare i pellegrinaggi, superare la paura. Tutti pensano che qui ci sia la guerra e per questo non vogliono venire. La Giordania è un Paese tranquillo. Come la Terra Santa».

L’arcivescovo Pizzaballa ha incontrato
ad Amman un gruppo di giornalisti della Fisci, Federazione italiana dei settimanali cattolici. In questi giorni i cronisti cattolici sono nel Regno Hashemita nell’ambito di un viaggio promosso dalla stessa Federazione e dall’8×1000 della Chiesa cattolica. Il pellegrinaggio è uno degli strumenti privilegiati per incoraggiare la comunità cristiana locale. Questa, spiega l’arcivescovo, «pur essendo minoranza da sempre, ultimamente deve fare i conti con la presenza di fonamentalisti e integralisti».

«Un cristiano – ha raccontato
al Sir Pizzaballa – tempo fa mi disse: non possiamo andare a Nord, cioè in Siria, a Est in Iraq, al Sud in Arabia Saudita e a Ovest in Israele. Dove andiamo? Una domanda che trova solo una risposta: All’estero. L’esodo dei cristiani procede a ondate. Non esiste cristiano in questa regione che non abbia già un parente all’estero».

Altre sfide che attendono la Chiesa di Terra Santa e il Patriarcato latino – che abbraccia Israele, Palestina, Cipro e Giordania – sono quelle di incoraggiare la presenza cristiana locale, non solo con le opere ma anche con la formazione e l’istruzione e favorire la partecipazione del laicato anche attraverso la nascita di Consigli parrocchiali e dei sacerdoti dei quali apprezzo la voglia di essere coinvolti.

«Molti di questi sacerdoti sono giovani – ha sottolineato Pizzaballa – un aspetto positivo che molti invidiano. Tuttavia ciò richiede un maggiore coordinamento e indicazioni pastorali chiare. Fondamentale sarà camminare insieme sentendosi una famiglia. Altra grande ricchezza della Chiesa di Terra Santa, “soprattutto giordana”, è la generosità: Non c’è parrocchia o comunità, salvo qualche rara eccezione, che non abbia al suo interno un luogo, un segno pensato apposta per i rifugiati siriani e iracheni fuggiti dalla guerra. I problemi non mancano ma la disponibilità c’è. È lo spezzare del pane tra poveri. I rifugiati sono coinvolti nelle parrocchie e si danno da fare per quel che possono. Fanno parte della nostra realtà. La fede dei semplici è sempre una grande consolazione».

18 novembre 2016